Padre Dario Dozio, 49 anni, nato a Beverate (Brivio), appartenente alla SMA ( Società Missioni Africane), e' missionario in Costa d'Avorio a San Pedro, una cittadina sulla costa a circa 300 chilometri dalla capitale Abidjan. Nei giorni scorsi ci ha inviato questa mail nella quale racconta i festeggiamenti per i suoi 25 anni di sacerdozio, che volentieri pubblichiamo.


Redazione

Padre Dario Dozio, 49 anni, nato a Beverate (Brivio), appartenente alla SMA (Società Missioni Africane), e’ missionario in Costa d’Avorio a San Pedro, una cittadina sulla costa a circa 300 chilometri dalla capitale Abidjan.
Nei giorni scorsi ci ha inviato questa mail nella quale racconta i festeggiamenti per i suoi 25 anni di sacerdozio, che volentieri pubblichiamo.

Sarà per il gran caldo tropicale, oppure per le situazioni disperate che ti piombano addosso senza preavviso, ma qui da noi il mistero è all’ordine del giorno .
Spiriti che appaiono quando vai ai campi, sirene che ti attirano in fondo al mare, animali che parlano e morti che ritornano per riprendersi quel che hanno dimenticato… a San Pedro tutti hanno sempre qualcosa di incredibile da raccontare.

Anch’io ora credo che la vita è piena di misteri!
Per me, uno dei più grandi, è proprio il fatto di essere qui, in Costa d’Avorio, prete da 25 anni .

Dovevo essere in quarta elementare quando ho annunciato ai miei la decisione di farmi missionario. Al momento non ci hanno creduto troppo: non davo segni particolari di vocazione e il parroco pensava già di mandare in seminario mio fratello, che faceva il chierichetto… Però lui non ha mai voluto saperne di farsi prete. Perché io? Perché in Africa? Con tutto il bisogno di sacerdoti in Italia!

Poi c’era chi mi parlava del clima duro, la malaria, le lingue impossibili, i pericoli… Ma io sono sempre stato un po’ incosciente e non mi è mai piaciuto calcolare troppo i “se” e i “come”; così sono partito fidandomi di quel che sentiva il cuore.

Ancora adesso non so spiegare bene il perché di questa scelta, però di una cosa sono convintissimo: non finirò mai di dire grazie al Signore per avermi chiamato. Nonostante i miei limiti e tutte le povertà che riconosco, so di aver ricevuto gratis, senza averlo meritato, qualcosa di grande: la fortuna di essere missionario in Africa.

E qui dovrei cominciare a raccontare vita, opere e miracoli di questi miei 25 anni:
l’avventura di entrare in un mondo a me sconosciuto, l’incredibile novità del Vangelo, le difficoltà incontrate e la bellezza nel veder crescere la Chiesa locale, il lavoro dei catechisti, la sete di Dio nei villaggi più sperduti, la vivacità dei cristiani nei quartieri di città…
Ma anche questo fa parte dei misteri della vita e non mi riesce di spiegarlo in poche righe.

Tutto quello che posso dire ora è il grazie al Signore che mi ha sempre tenuto la mano sulla testa. E grazie anche a tanta gente che mi è stata vicino: anzitutto i miei genitori e tanti amici che mi seguono da anni.

Poi i confratelli della Sma che mi hanno aiutato a realizzare questo mio desiderio missionario. E tutta la gente di Costa d’Avorio con cui vivo.
Erano tantissimi, alla festa del Corpus Domini, a dire grazie con me al Signore nella celebrazione eucaristica.
Pioveva a dirotto, come è normale in questa stagione, e non ci stavamo tutti in chiesa : anche all’esterno i tendoni erano strapieni di gente.

Autorità cittadine e semplici fedeli, capi religiosi e re locali con la corona in testa, e ovunque i ragazzi del quartiere che si mettevano a saltare ogni volta che la fanfara attaccava un canto.

C’era l’apostolo Giacomo, con tre profeti e un evangelista: a piedi nudi, naturalmente, e vestiti di bianco come usano fare i “Celesti” (una delle tantissime nuove chiese africane) : “Perché 25 anni sono da festeggiare! – mi ha detto – Anche noi sappiamo che Dio agisce attraverso i suoi preti.” L’ Imam mi ha dato un quadretto di Gesù, con tutte le lucine che si accendono e spengono: “perché tu possa sempre essere luce di Dio.”

La delegazione dei rifugiati di guerra è venuta con un abito tipico della loro regione: “per poter andare con loro, quando torneranno nella terra che è ancora occupata dai ribelli.” E non conto più tessuti, camicie, pantaloni, quadretti e statuine ricevute in regalo. Anche una sedia tradizionale: “per poter restare almeno altri 25 anni tra di noi.”

Pensare che io non volevo scomodare nessuno, né far spendere soldi in questo periodo di grave crisi economica! Ma anche questo fa parte dei misteri africani, perché nonostante tutto qui la gente sa vivere e se c’è da far festa, nessuno si tira indietro. E quando, dopo 3 ore di messa, cominciavo a pensare a quelli rimasti fuori, perché pioveva e si stavano bagnando troppo, mi hanno risposto di non preoccuparmi: era la benedizione di Dio che scendeva abbondante su tutta la parrocchia.

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