In occasione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, preceduta dalla Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, l’invito ai credenti nel nostro Paese è di diventare “testimoni di riconciliazione” nel mondo

Di M. Chiara BIAGIONI

settimana ecumenica

«Non solo compiere passi importanti di riconciliazione tra le Chiese divise, ma diventare testimoni della riconciliazione in un mondo» che ha bisogno di persone capaci di abbattere barriere, costruire ponti di pace e aprire «le porte a nuovi stili di vita nel nome di colui che ci ha riconciliati con Dio, Gesù Cristo». È l’obiettivo che le Chiese cristiane presenti del nostro Paese si prefiggono quest’anno preparandosi a vivere, dal 18 al 25 gennaio, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. S’ispira al motto biblico “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” tratto dal capitolo 5 della seconda Lettera ai Corinzi. Un tema che apre a numerose piste di lavoro e impegno comune.

Nel messaggio scritto dai leader delle Chiese cristiane presenti in Italia si ricordano come esempi concreti di questo “ministero di riconciliazione”, l’ospitalità offerta a tanti rifugiati provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Eritrea e da altri Paesi; e ancora quanto operato da papa Francesco e dal patriarca ecumenico Bartolomeo per aiutare le persone che sono forzate a vivere nelle «periferie esistenziali della società a causa di situazioni di ingiustizia e di violenza». In Italia spicca il progetto ecumenico dei “corridoi umanitari”, inaugurato nel 2016 grazie agli sforzi della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, della Comunità di Sant’Egidio e della Tavola valdese, e che entro la fine del 2017 porterà nel nostro Paese, in tutta sicurezza, mille richiedenti asilo individuati tra soggetti particolarmente vulnerabili.

«È vero che negli ultimi anni questo appuntamento annuale è stato vissuto con una certa stanchezza e come fosse un momento rituale a cui ormai ci siamo tutti abituati. Quest’anno però ho la sensazione che questa Settimana sia molto più sentita perché qualcosa di nuovo si sta muovendo in ambito ecumenico». È il pastore Luca Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, a lanciarsi in un pronostico sicuramente in positivo sulla partecipazione dei fedeli cristiani del nostro Paese alla Settimana. Il pastore ricorda che il 2017 è l’anno in cui ricorre anche il quinto centenario della Riforma protestante e sottolinea quanto sia «significativo e per nulla scontato che si riesca a commemorare insieme un evento che ha costituito per secoli un problema. Eppure – aggiunge – il tono che viene dato a questa Settimana è certamente penitenziale, nel riconoscimento delle divisioni che sono scaturite ma anche di apprezzamento per tutto ciò che di positivo è venuto dalla Riforma protestante».

Sul tema della Riforma, si è svolto a Trento dal 16 al 18 novembre un convegno della Cei (Conferenza episcopale italiana) realizzato in collaborazione con la Federazione delle Chiese evangeliche. «Abbiamo respirato un clima ecumenico nuovo – dice il pastore Negro – dove si avvertiva la voglia di far avanzare l’ecumenismo, di non limitarci a fare il minimo indispensabile ma qualcosa di concreto e insieme». Ed aggiunge: «Noi Evangelici abbiamo la sensazione che in particolare con questo nuovo pontificato l’ecumenismo torni ad essere a 360 gradi. Se in qualche modo negli anni passati ci siamo sentiti a volte un po’ l’ultima ruota del carro ecumenico, questa sensazione sta scomparendo con l’attenzione verso il mondo evangelico che questo Papa sta manifestando. La speranza che noi coltiviamo è quella che si vada finalmente anche in Italia verso la creazione di un organismo di consultazione ecumenica permanente a cui partecipino cattolici, ortodossi e protestanti. Un progetto che, speriamo, diventi realtà».

Come ogni anno, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è preceduta il 17 gennaio dalla Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Dopo dieci anni trascorsi riflettendo insieme, cattolici ed ebrei, sulle Dieci Parole, quest’anno si darà inizio a un tratto nuovo di cammino e dialogo. Come tema di approfondimento per i prossimi anni, si è scelto di tenere in considerazione le cinque Meghillot (i rotoli): si comincia quest’anno con il Libro di Rut e si proseguirà con il Cantico dei Cantici, Qoelet, Lamentazioni, Ester.

È monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione della Cei per l’ecumenismo e il dialogo, a spiegare l’importanza di questo cammino: «Viviamo in un mondo dove i particolarismi, a livello di popoli, gruppi, individui, stanno segnando la nostra società con processi contrari a ogni ricerca di unità e solidarietà. Basti pensare alla fatica di arrivare all’unità europea, alle divisioni etnico-religiose all’interno della stessa Europa, alla distanza sempre più forte tra Nord e Sud del mondo».

Ebrei e cattolici sono quindi chiamati in questa Europa a dimostrare che «la particolarità, necessaria per il costituirsi dell’universalità, non è fattore di scontro» e «la vocazione particolare, che non esclude ma guarda il diverso come espressione dell’immagine di Dio, contiene una forza di universalità e unità».

Molto importante anche è tenere viva la “memoria del male” per aiutare «a non dimenticare e ad agire con ogni mezzo – dice sempre il vescovo Spreafico – per estirpare dalla cultura occidentale ogni pregiudizio non solo nei confronti degli ebrei ma di tutte le minoranze».

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