È quanto evidenzia il decano don Gilberto Orsi in vista della Visita pastorale dell'Arcivescovo, che incontrerà i fedeli del Decanato alle 21 presso il Cinema-teatro “Argentia” di Gorgonzola
di Cristina CONTI
Giovedì 1 dicembre la Visita pastorale del cardinale Scola farà tappa nel Decanato di Melzo: l’Arcivescovo incontrerà i fedeli alle 21 presso il Cinema-teatro “Argentia” di Gorgonzola (via Matteotti 30).
«Siamo a est di Milano. I Comuni più grandi sono Melzo e Gorgonzola, per un totale di 25 parrocchie e di circa 130 mila abitanti. È uno dei Decanati più grandi della diocesi – rileva il decano don Gilberto Orsi, responsabile della Comunità pastorale San Giovanni Paolo II di Settala -. L’ultima visita di un Arcivescovo risale a quella compiuta nel 2010 dal cardinale Tettamanzi. Da allora sono cambiate molte cose, sono nate diverse unità pastorali. Per prepararci bene a questo incontro, perciò, abbiamo deciso di fare il punto sulla situazione e di verificare come è andato il cammino di questi anni. Con l’aiuto del Consiglio pastorale decanale, abbiamo preparato per tempo una scheda, che poi abbiamo consegnato alle parrocchie, per riflettere e fare osservazioni su quanto recepito dalle direttive dell’Arcivescovo e le problematiche del futuro, cercando di mettere in luce le urgenze maggiori di ogni comunità. A questa riflessione hanno collaborato anche i singoli Consigli pastorali parrocchiali e il Consiglio per gli Affari economici. Abbiamo distribuito una preghiera da recitare che contiene anche tutti i Santi protettori delle nostre parrocchie (ne abbiamo stampate 20 mila copie). Abbiamo infine riflettuto, sia come clero sia laicato, su cosa voglia dire per noi la figura del Cardinale e sull’importanza della sua presenza».
Le attività parrocchiali sono frequentate?
Sì, direi nell’ordine del 20/25%. Certo, ci sono tutti i problemi delle parrocchie della Diocesi. Le nostre comunità inoltre non sono particolarmente grosse, ma si caratterizzano perché qui abbiamo ancora rapporti umani.
La crisi economica si è sentita molto da voi?
Sì, anche se da noi ci sono prevalentemente piccole e medie aziende e una grossa presenza di contadini.
E l’immigrazione?
Qui è iniziata presto. Negli anni Cinquanta sono arrivati i primi immigrati dal Veneto. Tra gli anni Sessanta e Settanta è stata la volta del Sud. Tutto questo ha creato da subito problemi di integrazione. Tante persone provenienti da altre terre hanno trovato difficoltà a sentire le nostre parrocchie come proprie e sono rimaste spesso legate alle comunità di origine. Oggi c’è una buona presenza di stranieri, spesso impiegati come braccianti. Non sono tantissimi, molti poi sono richiedenti asilo. A Settala c’è un’associazione, fondata circa 30 anni fa, che oggi si dedica soprattutto agli immigrati.
Quali le sfide per il futuro?
Ogni comunità ha i suoi bisogni. Chi deve lavorare maggiormente sul tema della “Comunità educante”, chi sul tema della famiglia come soggetto pastorale. Abbiamo cercato di capire quali sono le linee e le prospettive concrete su cui lavorare. Quello che è certo è comunque che c’è un forte desiderio di comunione, una sottolineatura forte dell’importanza di lavorare insieme e di usare uno stile di vita sinodale.