L’Arcivescovo visiterà la storica casa di riposo di Lecco e celebrerà la Messa alle 16.30. La vicepresidente Rosaria Bonacina: «Oggi sulla scena della cura occorrono nuovi sguardi. Qui la cultura si radica nella pratica»

di Marcello VILLANI

Airoldi e Muzzi

Sabato 28 maggio il cardinale Angelo Scola torna a Lecco. Questa volta per abbracciare gli anziani della storica casa di riposo cittadina, l’Airoldi e Muzzi. O, meglio, l’Iram (Istituti riuniti Airoldi e Muzzi), nati in seguito a un lascito del notaio Giovanni Antonio Airoldi, che nel lontanissimo 1594 (pressoché ai tempi dei Promessi Sposi…) volle destinare la sua fortuna alla «fondazione di un Ospedale per i poveri da intitolare alla Vergine Maria». Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi gli Istituti riuniti, che si trovano a Germanedo, sono una piccola città nella città: 350 ospiti e 320 assistenti, infermieri, medici, volontari, Oss, Asa… E un ufficio di presidenza attento a migliorare sempre le condizioni di vita degli ospiti, per lo più allettati e molto anziani, sia materialmente, sia psicologicamente.

Il presidente Giuseppe Canali e la vicepresidente Rosaria Bonacina sono tra i più convinti sostenitori di una sempre più attenta e coinvolgente partecipazione della città stessa nella vita dell’Airoldi e Muzzi. Nel giugno del 2015 era stato il cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo emerito di Milano, a far visita all’Iram nel giugno del 2015. Ora arriva il cardinale Scola, che sabato celebrerà la Santa Messa alle 16.30 nella chiesa degli Istituti. Perché questo invito? «Perché in questi anni di guida della Diocesi ci è sembrato particolarmente vicino a tutte le realtà in cui maggiormente si fa esperienza della fragilità e del dolore – risponde Rosaria Bonacina -. Anche il suo sguardo e i suoi interventi sul tema della malattia, della cura e della speranza nella cura, ci sono sembrati molto attuali e capaci di interpretare il pensiero di chi vive queste situazioni. Oggi sulla scena della cura occorrono nuove competenze e nuovi sguardi. Prendersi cura di anziani in particolari condizioni di fragilità e gravi compromissioni cognitive richiede grandi capacità di relazione. La prima condizione della cura è l’abolizione della distanza, il farsi prossimo».

Per la vicepresidentessa l’Iram, in quanto luogo di cura e di riposo, è luogo «denso di senso e di domande. Spazio dove è possibile sperimentare nuove relazioni e nuovi sguardi». «Oltre ai volontari – precisa – è presente una piccola comunità di Suore di Maria Bambina. Sono sei religiose anziane, ma ancora attive nell’assistenza agli ospiti, che aiutano nel momento dei pasti. La loro presenza è importante anche dal punto di vista spirituale: aiutano il Cappellano don Gianni Grulli per la celebrazione della Santa Messa e animano momenti religiosi durante i vari tempi liturgici».

Che cosa chiedere al Pastore della Chiesa ambrosiana? «Al Cardinale chiediamo proprio un contributo di pensiero che sia di aiuto e “generativo” di nuove energie per il personale che ogni giorno con tanta dedizione si dedica alla cura degli ospiti, per i familiari che talvolta faticano ad accettare il decadimento dei propri cari, per tutti i volontari che con tanta passione mettono a disposizione il loro tempo per sostenere questa antica opera assistenziale». Ma non sono solo gli anziani ad aspettarsi parole di stimolo e conforto e le maestranze a voler trovare nuovi motivi per continuare con passione la loro opera. È la stessa presidenza a voler trarre dalle parole di Scola nuova linfa per indirizzare il suo operato: «Per il Consiglio di amministrazione e per la Direzione c’è la certezza che quello che il Cardinale vorrà comunicarci potrà essere una occasione di riflessione e di indirizzo per far crescere la consapevolezza che i luoghi dove la fragilità è affrontata è accompagnata, sono e possono diventare luoghi di cultura, luoghi dove la cultura si radica nella pratica. Questo non può che essere un bene non solo per gli Istituti Airoldi e Muzzi, ma anche per la città e il suo territorio».

 

 

 

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