Don Giampiero Alberti, “tessitore” di relazioni tra la Diocesi e l’Islam, spiega come il messaggio per la fine del Ramadan venga veicolato alle comunità musulmane: «Un silenzioso e convinto manipolo di collaboratori si mobilita per distribuirlo nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nei luoghi di lavoro»
di Rosangela VEGETTI
Negli autorevoli messaggi diffusi in questi giorni in vista della conclusione del Ramadan c’è la speranza di rafforzare i legami spirituali tra cristiani e musulmani, come sottolinea il Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso, e c’è la consapevolezza che «le vie di chi guarda a Dio non possono che portare tutti noi insieme a sentire una profonda reciproca amicizia e stima», come rileva il cardinale Scola.
Ma come giungono queste parole ai fedeli musulmani? L’iniziativa è affidata alla generosità di comunità e persone, sacerdoti e laici, talora anche alla fantasia di singoli che si impegnano a farsi messaggeri di amicizia. «I corsi di informazione e cultura sull’islam che la Diocesi ha promosso negli ultimi anni a Milano e a Seveso, hanno arricchito le proposte», spiega don Giampiero Alberti, che da oltre vent’anni intesse e alimenta rapporti e relazioni con le diverse comunità musulmane presenti in città e sul territorio diocesano.
Oggi non si è più costretti a superare barriere di stupore e sfiducia, perché in molti casi è ormai quasi una consuetudine che persone di fede cristiana si presentino ai responsabili delle comunità musulmane e presso singole famiglie, con le quali condividono reciproca vicinanza amicale. «Ormai non ho più bisogno di andare personalmente a bussare alle porte delle parrocchie e di sconosciuti con i volantini che contengono il messaggio augurale per il Ramadan – conferma don Alberti -, perché posso inviare il testo del documento agli oltre 600 indirizzi di posta elettronica di cui dispongo: sono conoscenti e collaboratori che fanno sì che un silenzioso e convinto manipolo di persone si mobiliti a preparare il materiale e a distribuirlo nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nei luoghi di lavoro».
I parroci sollecitano i loro fedeli a proporre iniziative e ad attivare occasioni di incontro e di riflessione comune; i ragazzi degli oratori si incontrano con i loro coetanei di fede musulmana; varie famiglie aprono le porte della loro casa ai vicini di diversa tradizione religiosa. Insomma, quello che non si conosce ancora è la rete di solidarietà e vicinanza che esiste e si sta intessendo da tempo nei nostri territori verso chi condivide la fede di Maometto.