«La fede apre il nostro sguardo a riconoscere la comunione universale con tutti gli esseri umani e con tutto il creato», scrive l’Arcivescovo nella prefazione all’edizione di “Laudato si’” curata dal Centro Ambrosiano. Ne pubblichiamo uno stralcio
del cardinale Angelo SCOLA
Arcivescovo di Milano
Pubblichiamo uno stralcio della prefazione dell’Arcivescovo al testo di papa Francesco Laudato si’, pubblicato dal Centro Ambrosiano (160 pagine, 2.40 euro).
Può sembrare paradossale ma, per parlare dell’ecologia, il Papa, con questa enciclica, ci chiama alla conversione: vale a dire a riconoscere chi siamo veramente per capire in modo adeguato le circostanze storiche in cui la Provvidenza ci pone ed aprire una strada alla nostra personale libertà e al bene della vita in comune. Non cogliere la chiamata alla conversione presente nell’enciclica ne precluderà inesorabilmente la recezione.
Qual è dunque questa verità di noi stessi che siamo chiamati a riconoscere per poter prenderci veramente cura della casa comune? L’uomo è pienamente se stesso solo se è in relazione: con se stesso, con gli altri, con tutto il creato e con Dio.
Sulla scia di quanto proposto dai suoi predecessori – non a caso Francesco inizia riprendendo gli insegnamenti di san Giovanni XXIII, del beato Paolo VI, di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI (i riferimenti a questi ultimi due pontefici sono molto numerosi lungo tutto il testo) – il Papa ha voluto offrirci un atto di magistero sociale (n. 15), espressione della saggezza della fede cristiana, in merito a quella che, con insistenza, definisce ecologia integrale. Un insegnamento, il Suo, che non si rivolge solo ai cristiani, ma «a tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare» (n. 13).
Conversione ad un’ecologia integrale: così potremmo sinteticamente esprimere l’insegnamento pontificio dell’enciclica Laudato si’.
Uno sguardo al presente
Il sommario completo ed oggettivo contenuto nel primo capitolo – «Quello che sta accadendo alla nostra casa» (nn. 17-62) – rende a tutti evidente la necessità di un cambiamento. Inquinamento e mutazioni climatiche, questione dell’acqua, deterioramento della qualità della vita umana e degrado sociale, inequità planetaria, debolezza delle relazioni… Passando in rassegna tutti questi argomenti, il Papa ne propone un approccio integrale, in grado di vedere sia il nesso oggettivo tra degrado ambientale, situazione dei poveri, cultura dello scarto e predominio della tecnocrazia, sia la responsabilità nei confronti delle prossime generazioni. Uno sguardo integrale, appunto, perché la questione ambientale tocca l’uomo e la società, lo spazio e il tempo. Infatti «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, chiamato ad integrare la giustizia con la salvaguardia dell’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (n. 49). La descrizione del Papa non nasconde che «su molte questioni concrete la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva» e, nello stesso tempo, afferma a chiara voce che se, da una parte, «c’è un grande deterioramento della nostra casa comune», dall’altra «c’è sempre una via d’uscita, possiamo sempre cambiare rotta» (n. 61).
Il Vangelo della creazione
A favorire questo cambiamento di rotta ci spingerà l’annuncio del Vangelo della creazione (nn. 62-100). A quanti accusano la fede cristiana di favorire un atteggiamento predatorio nei confronti del creato, con estrema chiarezza il Papa risponde che è proprio l’incomprensione della fede biblica nel Dio creatore a portare ad un antropocentrismo esasperato. La fede infatti ci fa riconoscere che «noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data» (n. 67). Nello stesso tempo, la rivelazione ci ha permesso di demitizzare la natura e di riconoscere sia il valore di ogni essere creato (senza cedere a indebiti biocentrismi, cfr. n. 118), sia la novità specifica dell’essere umano (n. 81). La fede, che da Dio Creatore ci conduce fino alla «ricapitolazione» finale di tutti e di tutto in Gesù Cristo Risorto (cfr. 99-100), apre il nostro sguardo a riconoscere la comunione universale con tutti gli esseri umani e con tutto il creato. Essa trova la sua espressione paradigmatica nella destinazione comune ed universale dei beni.