A Milano, fino al 6 aprile, la mostra evento di uno dei più discussi e apprezzati esponenti del movimento della street art
Redazione
19/03/2008
di Silvio MENGOTTO
Artista e agitatore culturale discusso e apprezzato, protagonista di punta del crescente movimento street art, Bros è il protagonista di 20E20, mostra allestita presso l’Art Point del Superstudiopiù (via Tortona 27, Milano,) dal 18 marzo al 6 aprile (tutti i giorni h 12-18.30, ingresso gratuito – catalogo Skira).
In una sorta di galleria, venti opere di grandi dimensioni, realizzate tra il 2005 e il 2008, che trattano temi storici, mitologici e religiosi per reinterpretare alcuni tra i fatti che hanno caratterizzato e influenzato la storia dell’umanità: dall’11 settembre al diluvio universale, da Chernobyl alla caduta del Muro di Berlino.
«La mostra – spiega Bros – nasce dall’idea di prendere fatti che hanno condizionato la nostra cultura. Ho preso questa direzione per riscrivere con un poco di ironia la mia interpretazione personale su quanto è avvenuto. Questo attraverso il simbolo, figure piatte, forme semplici e dirette, figlie di quelle di strada che si evolvono in una composizione più complessa e articolata».
In concreto cosa vedranno i visitatori?
L’11 settembre 2001, lo tsunami, il primordiale Big Bang, L’ultima cena e la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il diluvio universale, l’attraversata del Mar Rosso, Auschwitz, Hiroshima e Nagasaki, il Muro di Berlino, Chernobyl e la globalizzazione che incombe sulle nostre teste… Il visitatore entrerà in uno spazio buio, un allestimento particolare che, illuminando solo ogni opera con shock visivi, vuole offrire input propositivi e stimolare una opinione personale. L’obiettivo ideale è il desiderio di far cambiare la mentalità alle persone.
Come è nata la sua passione per l’arte murale di strada?
Dal desiderio di portare all’esterno tutto ciò che disegnavo in casa. Un’espressione artistica di idee in relazione con il tessuto urbano. Un dialogo con la città.
C’è differenza tra la sua raffigurazione artistica e quella dei “graffittari”?
La differenza è la comunicazione. Nelle chiese, quando si celebrava la messa in latino, per il popolo era difficile capire: per questo c’erano gli affreschi che spiegavano la Via Crucis. Si cerca di fare lo stesso con questi disegni accattivanti, per comunicare e arrivare a tutti quanti. Questa è la grossa differenza tra i graffiti classici, fatti solo per l’autocelebrazione, e un disegno in cui di autocelebrazione c’è ben poco.
L’espressione attraverso queste opere è legale o trasgredisce delle regole?
Quando penso a un’opera in strada, l’idea deve nascere senza pensare a legalità o illegalità. Questa arte deve rimanere il più esterna possibile e cercare di rinchiudersi il meno possibile in spazi chiusi. Quando si fa un’azione in strada deve nascere e morire in quel luogo.
Alla presentazione della mostra si è parlato di ecologia culturale. Che significa?
Vuole evocare una rinfrescata. Purtroppo l’arte contemporanea ha pochi sviluppi ed è molto chiusa. Nel momento in cui parliamo di ecologia culturale cerchiamo di portare una “primavera” nell’arte italiana, nuovi orizzonti che noi oggi non riusciamo ancora a capire dove possono arrivare, perché li stiamo scrivendo noi stessi. Oggi possiamo catalogare l’azione di Bros sino al 2008, ma non si può definire quello che sto facendo, perché è ancora in evoluzione.