Questo l'elemento caratteristico delle Istituzioni sanitarie cattoliche protagoniste del convegno del 15 marzo, come spiega il segretario del "Tavolo" don Gian Maria Comolli: «Rischiamo di trovarci schiacciati da Stato e privati con fini di lucro. Per questo chiediamo sostegno economico»


Redazione

14/03/2008

di Filippo MAGNI

«Il convegno del 15 marzo – spiega don Gian Maria Comolli, segretario del Tavolo delle Istituzioni sanitarie cattoliche – ha l’obiettivo di mostrare al pubblico e agli operatori il ruolo fondamentale di questi istituti non solo da un punto di vista valoriale, ma anche professionale, di eccellenza nella cura e di attenzione alle categorie più deboli. Come pure si chiederà alle Istituzioni un adeguato sostegno economico».

E precisa: «Il peso socio-politico delle istituzioni cristiane è molto limitato, se si pensa che il 70% della sanità lombarda è gestita dallo Stato e il 24% da privati con fini di lucro. Con il nostro 6% rischiamo di trovarci schiacciati da questi due colossi, con la difficoltà di accedere ai finanziamenti che ci sono dovuti per il servizio effettuato».

La sanità cattolica, che ha la caratteristica di essere nella maggior parte no-profit, spiega Comolli, «vuole mettere al centro dell’attenzione il malato come persona a tutto tondo, non solo per il male che lo affligge. Non è sufficiente che un degente sia curato dal punto di vista fisico, ma nella sua integralità: ogni persona ha esigenze psicologiche, spirituali e sociali che non possono rimanere fuori dagli ospedali».

Per questo motivo a tutti gli operatori è chiesta una condivisione dei valori, in primis il rispetto della vita dal concepimento alla sua fine naturale, mentre non c’è alcun tipo di selezione dei degenti: il servizio è garantito a chiunque ne ha bisogno.

«Le istituzioni sanitarie cristiane – precisa il segretario del Tavolo – sono nate su basi evangeliche, teologiche e sociali, a supplire e integrare il ruolo del servizio pubblico. Oggi hanno però assunto l’ulteriore ruolo di essere profezia, cioè risolvere il distacco caratteristico dei nostri tempi tra la cultura umanistica e quella scientifica: quest’ultima sembra preoccuparsi della malattia senza considerare la totalità della persona umana».

In gioco non c’è solo il destino delle istituzioni o dei malati, conclude don Comolli: «L’ospedale è il cuore della società e la sanità è la frontiera più avanzata delle sfide alla vita. Perciò dalla direzione che intendiamo imporre alla sanità capiamo che strada prenderà la società dei prossimi decenni. Non stiamo parlando di mere questioni politiche o economiche, ma del futuro stesso della nostra collettività».

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