L'impegno della parrocchia nel quartiere dove sta sorgendo l'insediamento "Milano Santa Giulia"


Redazione

30/01/2008

di Luisa BOVE

Don Maurizio Pezzoni, parroco della Sacra Famiglia in Rogoredo, sta vivendo sulla sua pelle le trasformazioni edilizie di Milano. Il suo è un quartiere molto isolato, schiacciato tra la tangenziale Est e la ferrovia. Quando è arrivato in parrocchia nel 1995 la sua comunità contava 7500 fedeli, ma con la nascita di “Città 2000” (761 nuovi alloggi) la popolazione ha raggiunto le 10 mila persone.

«Ma il problema più grande è la mancanza di appartamenti pubblici a prezzi calmierati – spiega il sacerdote -, un’emergenza che noi sentiamo molto: penso alle coppie giovani che devono sposarsi, a situazioni di disagio e alle famiglie che non riescono ad acquistare un appartamento». E invece, grazie al piano di riqualificazione dell’area Montecity-Rogoredo, sorgerà “Milano Santa Giulia” a prezzi di mercato.

Il parroco non dà giudizi sul nuovo insediamento, «perché se da una parte il territorio verrà snaturato, dall’altra l’arrivo di coppie giovani cambierà volto al quartiere». Entro l’estate potrebbero esserci i primi arrivi, a regime saranno 1700-1800 appartamenti. «Quando è sorta “Città 2000” – dice don Pezzoni – come parrocchia abbiamo cercato di farci conoscere dai nuovi arrivati e ora per Santa Giulia stiamo elaborando diverse ipotesi per capire cosa fare nei prossimi anni».

Ne hanno già parlato in Consiglio pastorale, «ma per non rimanere soli e diffondere le nostre idee l’anno scorso abbiamo organizzato tre assemblee parrocchiali». La comunità Sacra Famiglia non sarà l’unica a risentire del nuovi insediamenti. «L’area infatti è divisa in due – spiega il parroco -: una più popolosa, che insiste sul territorio di Rogoredo (7-8 mila persone), l’altra più esclusiva e con molti servizi (per 2 mila abitanti), sulla parrocchia di Morsenchio».

Sembrano passati anni-luce da quando nel secolo scorso Rogoredo era un quartiere popolare, dove abitavano soprattutto operai della Montedison e delle Acciaierie Redaelli. Poi le fabbriche hanno chiuso e la popolazione è invecchiata. In molti appartamenti, costruiti allora dalle cooperative “bianche”, sono subentrati i figli. Intanto nel quartiere sono arrivati anche gli extracomunitari: filippini, srilankesi, africani, peruviani e rumeni.

Il quartiere non offre molti luoghi di aggregazione, «ma la parrocchia è senz’altro uno di questi – spiega don Pezzoni -. Oltre all’oratorio, che coinvolge più di un centinaio di ragazzi, abbiamo tante attività a livello sociale: teatro, palestra, doposcuola e sportello Caritas». È qui che arrivano le richieste maggiori, soprattutto di casa e lavoro, «ma a volte è un problema, perché non riusciamo a rispondere a queste necessità».

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