Sommario sommario sommarietto sommario sommarietto sommario sommarietto sommario sommarietto sommario


Redazione

«In tutti gli uomini c’è il desiderio, almeno ogni tanto, di lasciare il frastuono quotidiano e di trovare “angoli di silenzio e spazi di solitudine”. Il monastero è uno di questi, forse l’angolo più impegnativo, perché testimonia il mistero di una presenza reale che ti prende, ti parla, ti trasforma dal di dentro e poi ti rimette in pista con una pace e una disponibilità che sembravano un po’ svanite». A dirlo è monsignor Giacomo Tagliabue (nella foto), parroco della chiesa che ospita le monache, responsabile della comunità pastorale S. Maria e S. Nazaro e Celso di Paderno Dugnano.
Cosa rappresentano le suore di clausura per la comunità?
Quel “Dio mi basta” di S. Teresa diventa il richiamo quotidiano che ti sorprende ogni volta, costringendoti a verificarti, a mettere a fuoco il primato di Dio, a “farti violenza” per non cedere all’urgenza delle mille cose da fare. Con un monastero accanto, dove “il tempo sembra si sia fermato”, non puoi permettere che il tuo tempo ti travolga e ti divori, lasciandoti alla fine vuoto e infelice.
C’è un influsso benefico della loro presenza?
Certamente, su tutta la comunità, non fosse altro per le tante ore di preghiera che le monache vivono ogni giorno e, talvolta, di notte. Io e tutta la comunità dobbiamo ringraziare Dio per questa “forza misteriosa” che esce da quelle anime consacrate a Lui. Specialmente lo devono ringraziare coloro che soffrono nel corpo o nello spirito, quelli che sono alla ricerca di senso, coloro che sono nel buio e nella disperazione.
Cosa testimoniano oggi davanti a un mondo sempre più distratto e sregolato?
Testimoniano che nel mondo c’è più bisogno di essere che di avere, più di stare che di fare, più di entrare dentro di sé che apparire fuori di sé, più bisognosi di verità che di surrogati. Queste suore ci insegnano la necessità di dare a se stessi una regola di vita per non affidarsi sempre e solo al caso, all’improvvisazione, al pressapochismo. Ed è proprio il silenzio che ci manca soprattutto, in questa babele di eventi inquietanti. Madre Teresa dettava questa regola: «Occorre prima di tutto il silenzio: il silenzio della mente, il silenzio degli occhi, il silenzio della lingua». Solo così è possibile pregare. Solo così si intravedono gli orizzonti verticali che sovrastano quelli orizzontali che ti appiattiscono e ti impediscono di vivere in quell’ottica indicata dal Signore: «Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo». (a.c.)

Ti potrebbero interessare anche: