In vista dell'imminente enciclica sociale, Benedetto XVI rilancia l'esigenza di concretezza: «Dobbiamo denunciare, ma anche annunciare che cosa si può fare e come si può fare. E dobbiamo educare alla giustizia»
Carlo ROSSI
Redazione
«C’è bisogno di comune e forte impegno, ricordando che la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie». In piazza San Pietro, davanti alle rappresentanze di tanti distretti ormai fortemente segnati dalla crisi, all’Angelus di ieri Benedetto XVI ha ribadito che per la crisi serve «il concorso di tutti». La Chiesa e i cattolici, in quanto tali, sono chiamati a un impegno che certamente sarà rilanciato nell’imminente enciclica sociale.
Il Papa ne ha dato qualche linea incontrando il 26 febbraio i parroci romani, che con la crisi sono concretamente alle prese. Innanzitutto, «bisogna denunciare questi errori fondamentali che sono adesso mostrati nel crollo delle grandi banche americane, gli errori nel fondo», francamente e con competenza. Occorre «la denuncia ragionevole e ragionata degli errori, non con grandi moralismi, ma con ragioni concrete che si fanno comprensibili nel mondo dell’economia di oggi». Invece di un moralismo di maniera, che lascia tutto com’è, «occorre parlare con una grande consapevolezza etica, diciamo creata e svegliata da una coscienza formata dal Vangelo». «Noi dobbiamo denunciare questa idolatria che sta contro il vero Dio e la falsificazione dell’immagine di Dio con un altro Dio, “mammona”. Dobbiamo farlo con coraggio, ma anche con concretezza». «C’è bisogno di comune e forte impegno, ricordando che la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie». In piazza San Pietro, davanti alle rappresentanze di tanti distretti ormai fortemente segnati dalla crisi, all’Angelus di ieri Benedetto XVI ha ribadito che per la crisi serve «il concorso di tutti». La Chiesa e i cattolici, in quanto tali, sono chiamati a un impegno che certamente sarà rilanciato nell’imminente enciclica sociale.Il Papa ne ha dato qualche linea incontrando il 26 febbraio i parroci romani, che con la crisi sono concretamente alle prese. Innanzitutto, «bisogna denunciare questi errori fondamentali che sono adesso mostrati nel crollo delle grandi banche americane, gli errori nel fondo», francamente e con competenza. Occorre «la denuncia ragionevole e ragionata degli errori, non con grandi moralismi, ma con ragioni concrete che si fanno comprensibili nel mondo dell’economia di oggi». Invece di un moralismo di maniera, che lascia tutto com’è, «occorre parlare con una grande consapevolezza etica, diciamo creata e svegliata da una coscienza formata dal Vangelo». «Noi dobbiamo denunciare questa idolatria che sta contro il vero Dio e la falsificazione dell’immagine di Dio con un altro Dio, “mammona”. Dobbiamo farlo con coraggio, ma anche con concretezza». Due livelli Ecco dunque i due livelli su cui il Papa invita a intervenire con impegno e con realismo, senza illusioni di perfettismo, dunque senza atteggiamenti moralistici, perché la perfezione non è di questo mondo, come non manca in diverse occasioni da annotare con concretezza cristiana. La giustizia non si può creare nel mondo solo con modelli economici buoni, che pure sono necessari: «La giustizia si realizza solo se ci sono i giusti. E i giusti non ci sono se non c’è il lavoro umile, quotidiano, di convertire i cuori».Ecco dunque la sfida della crisi: gli errori vengono al pettine, «la Chiesa universale deve denunciare, ma anche annunciare che cosa si può fare e come si può fare. Le conferenze episcopali e i vescovi devono agire. Ma tutti dobbiamo educare alla giustizia». A tutti i livelli, perché i due livelli sono inseparabili: «Se, da una parte, non annunciamo la macrogiustizia quella micro non cresce. Ma, d’altra parte, se non facciamo il lavoro molto umile della microgiustizia, anche quella macro non cresce».Èuna visione, ancora una volta “patristica”; che richiama la prospettiva di fondo dell’impegno della Chiesa, nella linea dell’enciclica Deus caritas est: «Con tutti i sistemi che possono crescere nel mondo, oltre la giustizia che cerchiamo, rimane necessaria la carità. Aprire i cuori alla giustizia e alla carità è educare alla fede, è guidare a Dio». Un impegno a tutto campo insomma, quello cui invita il Papa, che parte dalla persona e arriva alla persona, costruendo concreti percorsi non solo per superare la crisi, ma per fare crescere quel vincolo morale che tiene insieme la società e solo permette di offrire orizzonti di sviluppo.