Dietro la proposta di alzare l'età pensionabile delle donne a 65 anni resta il problema dell'uguaglianza sostanziale dei generi
Andrea CASAVECCHIA
Redazione
Prima della giornata dell’8 marzo è stata lanciata l’idea di unificare l’età pensionabile attraverso l’innalzamento a 65 anni di quella delle donne. Si risponderebbe, così, a una richiesta dell’Unione europea per parificare le donne agli uomini. L’alzata di scudi di sindacati, associazioni e movimenti della società civile è stata immediata, tanto che l’ipotesi sembrerebbe essere messa da parte. La proposta fa riflettere, però, sulla questione dell’uguaglianza dei generi, perché rispedirla al mittente forse può anche risultare comodo. Può essere un bel gesto perché poi si tralascino alcuni problemi concreti che soprattutto le donne si caricano sulle spalle.
Certo si deve evidenziare che dietro la proposta di unificare l’età pensionabile c’è una visione di uguaglianza limitata che non distingue tra persone differenti e quindi aprirebbe a ulteriori disparità: come affermava don Lorenzo Milani,«non si fanno parti uguali tra diseguali». Così si rilancia chiedendo nuovi servizi sociali per sollevare le donne dagli impegni casalinghi e rispondere alle esigenze dell’Europa. Ma basterebbero il prolungamento del tempo pieno nelle scuole, oppure un bonus per il pagamento di assistenti per gli anziani? Alla fine sembra rimanere tale e quale il problema del doppio lavoro delle donne: quello di cura per la famiglia e quello di impegno nel mondo della produzione. Prima della giornata dell’8 marzo è stata lanciata l’idea di unificare l’età pensionabile attraverso l’innalzamento a 65 anni di quella delle donne. Si risponderebbe, così, a una richiesta dell’Unione europea per parificare le donne agli uomini. L’alzata di scudi di sindacati, associazioni e movimenti della società civile è stata immediata, tanto che l’ipotesi sembrerebbe essere messa da parte. La proposta fa riflettere, però, sulla questione dell’uguaglianza dei generi, perché rispedirla al mittente forse può anche risultare comodo. Può essere un bel gesto perché poi si tralascino alcuni problemi concreti che soprattutto le donne si caricano sulle spalle.Certo si deve evidenziare che dietro la proposta di unificare l’età pensionabile c’è una visione di uguaglianza limitata che non distingue tra persone differenti e quindi aprirebbe a ulteriori disparità: come affermava don Lorenzo Milani,«non si fanno parti uguali tra diseguali». Così si rilancia chiedendo nuovi servizi sociali per sollevare le donne dagli impegni casalinghi e rispondere alle esigenze dell’Europa. Ma basterebbero il prolungamento del tempo pieno nelle scuole, oppure un bonus per il pagamento di assistenti per gli anziani? Alla fine sembra rimanere tale e quale il problema del doppio lavoro delle donne: quello di cura per la famiglia e quello di impegno nel mondo della produzione. La parità dei doveri Sicuramente politiche familiari adeguate potrebbero dare una mano alla gestione familiare, ma il problema della parità dei diritti in famiglia passa dalla “parità dei doveri”. Oggi, specialmente tra le giovani coppie, si riconosce tranquillamente l’uguaglianza di genere. Tuttavia non si riescono a ripartire concretamente i compiti quotidiani: lavatrici, piatti, ferro da stiro, pulizie, meccanico per l’auto… per non parlare dei compiti di assistenza verso i bambini e gli anziani che non potranno mai essere ceduti completamente “in appalto” a baby-sitters.Èin questa distribuzione ordinaria dei pani e dei pesci che risiede l’uguaglianza “sostanziale”. Dunque, proprio a partire dalla famiglia e dai tempi di vita per la famiglia, c’è un lavoro immenso da intraprendere per costruire un percorso di nuove relazioni tra i generi, nelle quali anche gli uomini sono chiamati a ridiscutere e riscoprire la propria identità specifica.Allora, perché sia realistico chiedere gli stessi anni di lavoro a uomini e donne, in ballo non c’è solo un aiuto al lavoro di cura che è affidato tradizionalmente al genere femminile, ma anche la ricerca di un nuovo ruolo e di nuove responsabilità degli uomini all’interno della relazione di coppia. Questi non potranno più essere solamente dei “procacciatori di risorse economiche”, ma dei compagni di vita e dei padri capaci di mettersi in gioco per reggere assieme alle donne i legami familiari che arricchiscono una società.