Anche la voce della Chiesa al summit di Copenaghen
Redazione
Dal 7 al 18 dicembre si terrà a Copenaghen il summit dell’Onu sui cambiamenti climatici. L’obiettivo dell’incontro è raggiungere un accordo sulla riduzione delle emissioni di Co2 che sostituisca il protocollo di Kyoto, siglato nel 1997, ma mai ratificato dagli Stati Uniti. Tante le attese, anche se molti temono che le decisioni più importanti siano già state prese prima da pochi Paesi.
Tra i punti essenziali su cui i leader del mondo si confronteranno: stabilire quali quantità di gas serra sono disposti a tagliare i Paesi sviluppati; verificare la posizione dei Paesi in via di industrializzazione come Cina e India; trovare strumenti per aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni e affrontare le tragiche conseguenze dei cambiamenti climatici; decidere come gestire le risorse per raggiungere questi obiettivi.
Finora i Paesi con le maggiori emissioni di Co2 sono Stati Uniti, Cina, Russia, India, Giappone. Secondo gli esperti, se le emissioni non verranno ridotte drasticamente aumenterà il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici produrranno conseguenze irreversibili per la vita del pianeta e di milioni di persone, soprattutto nei Paesi poveri. Per non superare il limite di 2 gradi centigradi di aumento della temperatura, entro il 2050 le emissioni dovranno essere tagliate dell’80% rispetto al 1990.
In queste ultime settimane sono già emerse le posizioni di alcuni Paesi: la Cina ha affermato di voler ridurre entro il 2020 le sue emissioni di gas serra del 40-45% per unità di prodotto interno lordo in rapporto al 2005, ricordando però che la sua priorità è la crescita economica. L’India, che sta vivendo un periodo di grande sviluppo, si è già detta contraria alla bozza di accordo proposta dalla Danimarca e dall’Ue, e non accetta vincoli, nemmeno temporali, sulle riduzioni delle emissioni. Dal 7 al 18 dicembre si terrà a Copenaghen il summit dell’Onu sui cambiamenti climatici. L’obiettivo dell’incontro è raggiungere un accordo sulla riduzione delle emissioni di Co2 che sostituisca il protocollo di Kyoto, siglato nel 1997, ma mai ratificato dagli Stati Uniti. Tante le attese, anche se molti temono che le decisioni più importanti siano già state prese prima da pochi Paesi.Tra i punti essenziali su cui i leader del mondo si confronteranno: stabilire quali quantità di gas serra sono disposti a tagliare i Paesi sviluppati; verificare la posizione dei Paesi in via di industrializzazione come Cina e India; trovare strumenti per aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni e affrontare le tragiche conseguenze dei cambiamenti climatici; decidere come gestire le risorse per raggiungere questi obiettivi.Finora i Paesi con le maggiori emissioni di Co2 sono Stati Uniti, Cina, Russia, India, Giappone. Secondo gli esperti, se le emissioni non verranno ridotte drasticamente aumenterà il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici produrranno conseguenze irreversibili per la vita del pianeta e di milioni di persone, soprattutto nei Paesi poveri. Per non superare il limite di 2 gradi centigradi di aumento della temperatura, entro il 2050 le emissioni dovranno essere tagliate dell’80% rispetto al 1990.In queste ultime settimane sono già emerse le posizioni di alcuni Paesi: la Cina ha affermato di voler ridurre entro il 2020 le sue emissioni di gas serra del 40-45% per unità di prodotto interno lordo in rapporto al 2005, ricordando però che la sua priorità è la crescita economica. L’India, che sta vivendo un periodo di grande sviluppo, si è già detta contraria alla bozza di accordo proposta dalla Danimarca e dall’Ue, e non accetta vincoli, nemmeno temporali, sulle riduzioni delle emissioni. Richieste e aspettative Dalle società civili di tutto il mondo emergono richieste, aspettative, e numerose sono le campagne di sensibilizzazione. Una delegazione di vescovi e rappresentanti di agenzie umanitarie cattoliche, provenienti da 25 Paesi, sarà a Copenaghen per fare azioni di lobby. La campagna per la “giustizia climatica” è stata portata avanti per 12 mesi da Caritas Internationalis e Cidse, due reti cattoliche che rappresentano 180 agenzie umanitarie.«I leader mondiali – afferma Lesley-Anne Knight, segretaria generale di Caritas Internationalis – devono accettare gli impegni giuridicamente vincolanti per il taglio dei gas serra e pagare per i danni che i cambiamenti climatici stanno provocando alle comunità più povere». I cattolici di tutto il mondo, aggiunge Bernd Nilles, segretario generale Cidse, «vogliono che i loro leader assumano le misure necessarie per salvaguardare il nostro futuro». Caritas e Cidse condannano anche «recenti mosse politiche e informazioni apparse sui media che cercano di minimizzare le attese sull’esito dei colloqui». «Ogni ritardo sarà inaccettabile – dichiarano – vogliamo che a Copenaghen si agisca con giustizia». Suoneranno le campane Per Caritas e Cidse l’accordo deve fondarsi su alcuni criteri essenziali, tra i quali: «I Paesi sviluppati devono impegnarsi a versare almeno 131 miliardi di euro aggiuntivi entro il 2020 per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici; un impegno mondiale a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi; i Paesi industrializzati dovrebbero avere l’obiettivo di ridurre del 40% le emissioni entro il 2020; i risultati di Copenaghen devono essere giuridicamente vincolanti».Caritas organizzerà una serie di eventi a Copenaghen, tra cui una messa l’11 dicembre nella cattedrale Sankt Ansgar, presieduta dal presidente di Caritas Africa, monsignor Cipriano Lwanga, arcivescovo di Kampala. Domenica 13 dicembre, si svolgerà alle 14 una celebrazione ecumenica nella cattedrale di Copenaghen, con l’arcivescovo di Canterbury, la famiglia reale danese e leader religiosi e politici. Al termine, a Copenaghen e nelle chiese di tutto il mondo, suoneranno le campane 350 volte per ricordare il livello di sicurezza di CO2 nell’atmosfera (350 ppm). Il 14 dicembre (ore 11) Caritas internationalis e Consiglio Mondiale delle Chiese organizzeranno un evento collaterale per «far sentire la voce delle religioni ai negoziati sui cambiamenti climatici». Una campagna globale sul clima Altre 50 organizzazioni internazionali aderiscono alla Campagna globale d’azione sul clima Tck Tck Tck, e già 10 milioni di persone hanno sottoscritto l’appello sul sito www.tcktcktck.org. Chiedono un accordo «che non escluda e non svantaggi ulteriormente i poveri del mondo». Mary Robinson, già Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, e Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International, confermano che «se a Copenhagen non verranno prese iniziative, i diritti umani delle comunità più povere ed emarginate del mondo ne risentiranno».