Inquietante e improprio parlare di creazione
a cura di Giovanna PASQUALIN TRAVERSA
Redazione
Non la «creazione» di una forma di vita artificiale, bensì «una ricombinazione-ricostruzione della sequenza genetica, controllata attraverso un computer»; dunque «una realizzazione tecnica, ancorché di alto livello scientifico, più che una scoperta».
A leggere nella giusta portata la “fabbricazione” da parte dell’istituto di Craig Venter della prima cellula artificiale in grado di autoreplicarsi, annunciata nei giorni scorsi dalla rivista americana Science, è Antonio Spagnolo, direttore dell’Istituto di bioetica dell’Università Cattolica. È «inquietante e improprio parlare di creazione, perché qui non si parte dal nulla»: «Si tratta della realizzazione di una cellula batterica controllata da un genoma chimicamente sintetizzato». Non la «creazione» di una forma di vita artificiale, bensì «una ricombinazione-ricostruzione della sequenza genetica, controllata attraverso un computer»; dunque «una realizzazione tecnica, ancorché di alto livello scientifico, più che una scoperta».A leggere nella giusta portata la “fabbricazione” da parte dell’istituto di Craig Venter della prima cellula artificiale in grado di autoreplicarsi, annunciata nei giorni scorsi dalla rivista americana Science, è Antonio Spagnolo, direttore dell’Istituto di bioetica dell’Università Cattolica. È «inquietante e improprio parlare di creazione, perché qui non si parte dal nulla»: «Si tratta della realizzazione di una cellula batterica controllata da un genoma chimicamente sintetizzato». Riprogrammazione, non “creazione” «I ricercatori – spiega l’esperto – hanno programmato al computer una sequenza di geni e l’hanno trasferita in una cellula, non creata, ma già esistente di un micoplasma, svuotata del suo patrimonio genetico. Il substrato per far funzionare questo nuovo patrimonio genetico è dunque una cellula già esistente e questo ridimensiona un po’ la portata della procedura».Secondo Spagnolo, «ipotizzare oggi un contenitore artificiale al quale una sequenza chimica possa imprimere la vita e la capacità di autoriprodursi è particolarmente difficile e dunque lontano». L’esperto parla di «un esercizio di biologia sintetica sicuramente apprezzabile che ha smontato il patrimonio genetico di una cellula e lo ha ricostruito in laboratorio», ma, chiarisce, «se il nuovo genoma è artificiale, è stato comunque costruito sulla base di un genoma già presente».Certamente si tratta di «un grande progresso, ma “creare” la vita è tutt’altro»; pertanto, secondo Spagnolo, «dal punto di vista etico e antropologico» il traguardo conseguito «non intacca più di tanto l’idea e il significato della vita o della creazione. Rimane piuttosto la questione dei rischi». Per questo «è opportuno che ogni progetto di questo tipo venga associato a una ricerca di impatto etico, legale e sociale».Lo studioso richiama al riguardo il programma Elsi (Ethical Legal and Social Impact), finanziato dagli organismi internazionali che avevano dato vita al progetto del sequenziamento del genoma umano per esplorarne, parallelamente allo sviluppo scientifico, l’impatto sulla società. Anche in questo caso, afferma, occorre «valutare se si siano assunte tutte le precauzioni necessarie nel programmare la sperimentazione su questi microrganismi». «Ancorché modificati artificialmente, se essi dovessero sfuggire al controllo del laboratorio e le realizzazioni di queste modificazioni fossero pericolose per l’uomo – e ancora non siamo in grado di saperlo -, in mancanza di adeguate precauzioni ci si potrebbe trovare di fronte a un danno difficilmente controllabile». Sì alla ricerca, ma attenzione ai rischi Occorre insomma garantire che «lo sviluppo di questa realizzazione tecnica venga parallelamente seguito e controllato attentamente per le possibili implicazioni sul piano del rischio che esso può comportare, per eventuali effetti che ancora non siamo in grado di intravvedere, per meccanismi innescati magari inavvertitamente».Energia, ambiente e vaccini sono le aree indicate dai ricercatori come ambiti di sviluppo e applicazione, e Spagnolo sgombra il campo dai fantasmi di “creazione di androidi” agitati da alcuni media. «Stiamo parlando di una singola cellula. Allo stato attuale – assicura – la realizzazione di organismi complessi, cosiddetti “superiori”, non è una prospettiva ipotizzabile; si tratta di un timore che non ha ragione di esistere». Tuttavia, ribadisce, «occorre un costante controllo per sapere non in via ipotetica, ma con assoluta chiarezza, in quale direzione ci si sta muovendo». A queste condizioni, conclude, «fermare questo tipo di ricerca, che può aprire prospettive davvero interessanti per lo sviluppo della scienza, potrebbe non essere ragionevole». Scheda – Una cellula “sintetica” con il Dna costruito a computer. È questo, in sintesi, l’annuncio dato da Craig Venter, il biologo americano che assieme ad Hamilton Smith un decennio fa mappò il genoma umano. La ricerca è stata pubblicata sull’ultimo numero di Science. «Abbiamo progettato, sintetizzato e assemblato cellule capaci di autoreplicarsi», spiega Venter. La cellula sintetica, chiamata “Mycoplasma mycoides JCVI-syn 1.0”, è stata ottenuta con informazioni elaborate a computer, composti chimici e un sintetizzatore di Dna: il genoma artificiale, secondo quanto affermano gli scienziati, è composto da circa un milione di lettere (per fare un paragone, quello umano ne comprende 3,2 miliardi) ed è del tutto simile al Dna naturale. L’impresa giunge dopo oltre un decennio di lavoro, che ha visto lo scienziato dello Utah alla guida di un team di 20 scienziati; i fondi utilizzati provengono dalla “Synthetic Genomic” fondata dallo stesso Venter, ma finanziamenti sostanziosi sono giunti anche da giganti del petrolio come Exxon e Bp. E difatti l’applicazione più vicina per la nuova scoperta sembra essere l’estrazione di combustibili da alghe sintetiche (impresa nella quale la Synthetic Genomic si è lanciata lo scorso anno, forte di un sostegno di 600 milioni di dollari stanziati dalla Exxon). Tra le altre applicazioni della scoperta scientifica annunciate da Venter, batteri che serviranno per «creare biocarburanti o vaccini», nonché per «risucchiare il diossido di carbonio dall’atmosfera».