Al convegno milanese "Lotta alla povertà", anche gli economisti a scuola di speranza e non di illusioni

di Rosangela VEGETTI
Redazione

Un ricco convegno, quello proposto da alcune realtà della Diocesi sabato 16 gennaio a Milano sul tema della crisi economico-sociale che investe il nostro mondo a ogni latitudine. Un pubblico numeroso e coinvolto nelle problematiche della cooperazione ha seguito con attenzione e partecipazione. Un gruppo di relatori di diverse discipline ha offerto competenza e testimoniato la passione con cui si possono affrontare temi di dimensione macroeconomica e di politica internazionale.
La tanto richiamata globalizzazione, infatti, ha reso ogni questione multidisciplinare e collegata all’intera realtà mondiale: così si può partire dai tagli che le ultime Finanziarie italiane hanno applicato ai programmi di cooperazione internazionale e di sostegno ai progetti di sviluppo, per aprire il campo alla necessità di guardare alla crisi con occhi diversi, trasformando lo spreco in risorsa e le difficoltà in prospettive di un futuro diverso.
«Riflettere di povertà significa riflettere sulle relazioni che stiamo sviluppando nel pianeta, con la consapevolezza che ogni nostra azione ha conseguenze sulla vita delle persone che vivono lontano da noi e che, simmetricamente, ciò che accade in altri Paesi ha conseguenze per noi»: così ha introdotto i lavori l’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà, indicando nei cambiamenti radicali in atto nella società contemporanea i punti salienti per la lotta alla povertà, che non è solo mancanza di risorse materiali, ma anche di giustizia, di responsabilità, di partecipazione responsabile dei cittadini e di politiche ottuse verso il futuro.
«L’idea che potessero bastare la crescita economica e lo sviluppo, magari di una sola parte del mondo, per sollevare l’intera popolazione mondiale, si è dimostrata fasulla» ha spiegato Enrica Chiappero Martinetti dell’Università di Pavia, e oggi i fatti ci dicono che anche l’idea di povertà e di disuguaglianza si è modificata e va riviste in chiave di sostenibilità sociale. Mentre l’economista peruviano Humberto Ortiz Roca ha spiegato come l’America Latina soffra un progressivo impoverimento delle proprie risorse per assicurare lo sviluppo di un sistema che non ha futuro.
L’attuale crisi internazionale – che è economica, politica, di cambiamenti climatici e di metodi di gestione dei beni naturali – è generata da un sistema che ha fatto il suo tempo e che non può, oltre che produrre povertà, fornire anche i mezzi per risolverla e risanare le situazioni di fondo, come ha rilevato il filosofo Sergio Labate. Tramontato il socialismo statalista, sta mostrando i suoi limiti anche il capitalismo: il mercato non può essere al centro dell’attività umana, né dettare le leggi della vita.
Economisti e filosofi, sociologi e politici, dichiarano la fine di un tempo e la necessità di aprire le porte ai grandi valori di carità, solidarietà, giustizia e rispetto della persona, per individuare strade nuove di sviluppo sociale vivibile per tutti, verso il futuro. Le encicliche papali che richiamano alla carità e alla giustizia saranno linee-guida per improntare di nuova linfa la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo «mettendo in discussione – ha detto Massimo Pallottino, esperto della Caritas Italiana – le certezze finora consolidate per costruire un mondo più giusto». Un ricco convegno, quello proposto da alcune realtà della Diocesi sabato 16 gennaio a Milano sul tema della crisi economico-sociale che investe il nostro mondo a ogni latitudine. Un pubblico numeroso e coinvolto nelle problematiche della cooperazione ha seguito con attenzione e partecipazione. Un gruppo di relatori di diverse discipline ha offerto competenza e testimoniato la passione con cui si possono affrontare temi di dimensione macroeconomica e di politica internazionale.La tanto richiamata globalizzazione, infatti, ha reso ogni questione multidisciplinare e collegata all’intera realtà mondiale: così si può partire dai tagli che le ultime Finanziarie italiane hanno applicato ai programmi di cooperazione internazionale e di sostegno ai progetti di sviluppo, per aprire il campo alla necessità di guardare alla crisi con occhi diversi, trasformando lo spreco in risorsa e le difficoltà in prospettive di un futuro diverso.«Riflettere di povertà significa riflettere sulle relazioni che stiamo sviluppando nel pianeta, con la consapevolezza che ogni nostra azione ha conseguenze sulla vita delle persone che vivono lontano da noi e che, simmetricamente, ciò che accade in altri Paesi ha conseguenze per noi»: così ha introdotto i lavori l’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà, indicando nei cambiamenti radicali in atto nella società contemporanea i punti salienti per la lotta alla povertà, che non è solo mancanza di risorse materiali, ma anche di giustizia, di responsabilità, di partecipazione responsabile dei cittadini e di politiche ottuse verso il futuro.«L’idea che potessero bastare la crescita economica e lo sviluppo, magari di una sola parte del mondo, per sollevare l’intera popolazione mondiale, si è dimostrata fasulla» ha spiegato Enrica Chiappero Martinetti dell’Università di Pavia, e oggi i fatti ci dicono che anche l’idea di povertà e di disuguaglianza si è modificata e va riviste in chiave di sostenibilità sociale. Mentre l’economista peruviano Humberto Ortiz Roca ha spiegato come l’America Latina soffra un progressivo impoverimento delle proprie risorse per assicurare lo sviluppo di un sistema che non ha futuro.L’attuale crisi internazionale – che è economica, politica, di cambiamenti climatici e di metodi di gestione dei beni naturali – è generata da un sistema che ha fatto il suo tempo e che non può, oltre che produrre povertà, fornire anche i mezzi per risolverla e risanare le situazioni di fondo, come ha rilevato il filosofo Sergio Labate. Tramontato il socialismo statalista, sta mostrando i suoi limiti anche il capitalismo: il mercato non può essere al centro dell’attività umana, né dettare le leggi della vita.Economisti e filosofi, sociologi e politici, dichiarano la fine di un tempo e la necessità di aprire le porte ai grandi valori di carità, solidarietà, giustizia e rispetto della persona, per individuare strade nuove di sviluppo sociale vivibile per tutti, verso il futuro. Le encicliche papali che richiamano alla carità e alla giustizia saranno linee-guida per improntare di nuova linfa la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo «mettendo in discussione – ha detto Massimo Pallottino, esperto della Caritas Italiana – le certezze finora consolidate per costruire un mondo più giusto». – Enrica Chiappero, Humberto Ortiz Roca e Riccardo Moro

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