Mentre diminuisce il reddito e aumenta la povertà
di Andrea CASAVECCHIA
Redazione
Ancora una volta l’Istat segnala una diminuzione delle disponibilità economiche delle famiglie italiane. A un anno di distanza il reddito disponibile è diminuito del 2,8%. Il calo registrato tra il 2008 e il 2009 è molto forte. Non se ne era visto uno così da almeno vent’anni. L’effetto, come dimostra l’Istituto nazionale di ricerca, si ripercuote su tutte le attività economiche delle famiglie, che rimangono incapaci di risparmiare (la propensione al risparmio diminuisce ancora dello 0,7%) e che non riducono la loro propensione a investire (di un altro 0,7%).
La crisi economica ha continuato a colpire i nuclei familiari. Si possono riscontrare così due aree diverse di bisogno sulle quali intervenire.
Una prima area interessa le famiglie di quello che un tempo sarebbe stato definito ceto medio. Manca in Italia una politica che sostenga la pratica familiare. Ci sono molte dichiarazioni di intenti, però poi ci sono 5 campi strategici, come ha evidenziato chiaramente Francesco Belletti durante la Conferenza nazionale delle Acli: lavoro (e quindi reddito), casa e città, cura e assistenza, educazione e ricostruzione di valori condivisi. Attraverso questi cinque impegni, secondo il presidente del Forum delle associazioni familiari, è possibile iniziare a costruire una società a misura di famiglia. Importante non solo per sostenere chi è nel bisogno, ma anche per rimettere in moto un’economia in difficoltà.
Allo stesso tempo, c’è una seconda area problematica che ha bisogno di essere affrontata per sostenere i nuclei familiari. Riguarda la fascia della popolazione più povera. A questo proposito, nell’Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, proprio le Acli, durante la loro conferenza organizzativa, hanno lanciato l’idea di una nuova social card. Una misura di integrazione del reddito elaborata assieme a un gruppo di esperti coordinati da Cristiano Gori, docente di politiche sociali all’Università Cattolica di Milano. Applicando delle modifiche alla social card già esistente, in tre anni sarebbe possibile arrivare a 133 euro mensili di media contro i 40 attuali, senza alcun limite di età e alcuna preclusione verso cittadini stranieri stabilmente residenti in Italia. Si raggiungerebbero così quasi 2 milioni e mezzo di poveri. Questa misura andrebbe poi integrata con i servizi alle persone che a partire dalla legge 328 del 2000 sono gestiti dai Comuni.
Ovviamente per iniziare a costruire un percorso di politiche sociali attente alla famiglia sarebbe opportuno tenere presenti entrambe le aree, perché altrimenti si potranno ricucire degli strappi su un tessuto lacero, ma non si riuscirà a cambiare passo per dirigersi verso una società dinamica capace di riattivare anche i circuiti economici ormai chiusi su loro stessi. Ancora una volta l’Istat segnala una diminuzione delle disponibilità economiche delle famiglie italiane. A un anno di distanza il reddito disponibile è diminuito del 2,8%. Il calo registrato tra il 2008 e il 2009 è molto forte. Non se ne era visto uno così da almeno vent’anni. L’effetto, come dimostra l’Istituto nazionale di ricerca, si ripercuote su tutte le attività economiche delle famiglie, che rimangono incapaci di risparmiare (la propensione al risparmio diminuisce ancora dello 0,7%) e che non riducono la loro propensione a investire (di un altro 0,7%).La crisi economica ha continuato a colpire i nuclei familiari. Si possono riscontrare così due aree diverse di bisogno sulle quali intervenire.Una prima area interessa le famiglie di quello che un tempo sarebbe stato definito ceto medio. Manca in Italia una politica che sostenga la pratica familiare. Ci sono molte dichiarazioni di intenti, però poi ci sono 5 campi strategici, come ha evidenziato chiaramente Francesco Belletti durante la Conferenza nazionale delle Acli: lavoro (e quindi reddito), casa e città, cura e assistenza, educazione e ricostruzione di valori condivisi. Attraverso questi cinque impegni, secondo il presidente del Forum delle associazioni familiari, è possibile iniziare a costruire una società a misura di famiglia. Importante non solo per sostenere chi è nel bisogno, ma anche per rimettere in moto un’economia in difficoltà.Allo stesso tempo, c’è una seconda area problematica che ha bisogno di essere affrontata per sostenere i nuclei familiari. Riguarda la fascia della popolazione più povera. A questo proposito, nell’Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, proprio le Acli, durante la loro conferenza organizzativa, hanno lanciato l’idea di una nuova social card. Una misura di integrazione del reddito elaborata assieme a un gruppo di esperti coordinati da Cristiano Gori, docente di politiche sociali all’Università Cattolica di Milano. Applicando delle modifiche alla social card già esistente, in tre anni sarebbe possibile arrivare a 133 euro mensili di media contro i 40 attuali, senza alcun limite di età e alcuna preclusione verso cittadini stranieri stabilmente residenti in Italia. Si raggiungerebbero così quasi 2 milioni e mezzo di poveri. Questa misura andrebbe poi integrata con i servizi alle persone che a partire dalla legge 328 del 2000 sono gestiti dai Comuni.Ovviamente per iniziare a costruire un percorso di politiche sociali attente alla famiglia sarebbe opportuno tenere presenti entrambe le aree, perché altrimenti si potranno ricucire degli strappi su un tessuto lacero, ma non si riuscirà a cambiare passo per dirigersi verso una società dinamica capace di riattivare anche i circuiti economici ormai chiusi su loro stessi.