Ricercatori dell'Irccs "E. Medea" e dell'Università Vita-Salute San Raffaele mostrano l'azione congiunta di fattori genetici e psicosociali sui disturbi comportamentali nell'età dello sviluppo
Redazione
07/11/2008
È ormai ampiamente riconosciuto che molti comportamenti psicopatologici hanno un’eziologia multifattoriale e che sia fattori genetici che fattori psicosociali possono influenzare la suscettibilità alla depressione. Vi è una ragionevole prova di influenze genetiche per sintomi depressivi nei bambini e adolescenti e allo stesso tempo è noto che fattori ambientali possono favorire il rischio di depressione, ancor più fortemente quando colpiscono in una fase precoce dello sviluppo.
Finora però gli studi avevano indagato perlopiù effetti genetici e ambientali separatamente. Non era infatti mai stata utilizzata una prospettiva di indagine che analizzasse la possibile interazione tra geni ed ambiente, cioè che considerasse questi due fattori congiuntamente.
I ricercatori dell’Istituto Scientifico “E. Medea” e dell’Università Vita-Salute San Raffaele hanno per la prima volta preso in esame ambienti familiari “stressanti” – in questo caso famiglie in cui fosse presente un solo genitore, per esempio a causa di separazione, divorzio o morte di un coniuge, confrontate con famiglie in cui fossero presenti entrambi i genitori – e alcune varianti geniche, comuni nella popolazione, associate a un maggiore rischio di depressione.
Nello studio, appena pubblicato su The Journal of Child Psychology and Psychiatry, è stato dunque esaminato l’effetto della struttura familiare e di due polimorfismi presenti in due geni del sistema serotoninergico sui sintomi depressivi. La ricerca ha coinvolto 607 preadolescenti italiani di età compresa tra i 10 e i 14 anni: ai loro genitori è stato somministrato un questionario che indaga diversi sintomi emotivi e comportamentali presenti dall’infanzia all’adolescenza. Le indagini genetiche sono state invece condotte sul Dna dei ragazzi, raccolto dopo il consenso scritto e informato dei genitori.
Dalla ricerca è emerso non solo che alcune varianti genetiche e la non-integrità del nucleo familiare sono fattori indipendentemente e significativamente associati a un aumento dei problemi depressivi in adolescenza, ma anche che la co-presenza di entrambe le componenti di rischio, genetica ed ambientale, interagiscono tra loro, contribuendo ad aumentare ulteriormente queste difficoltà.
Si può quindi ipotizzare che un contesto familiare/ambientale più difficile e meno protettivo favorisca e aumenti la rilevanza delle influenze genetiche nel determinare la presenza di problematiche depressive in preadolescenza.
«I dati di questa ricerca – affermano i responsabili del progetto Maria Nobile e Marco Battaglia – suggeriscono che fattori di rischio ambientale (come il clima familiare) interagiscono con l’assetto genetico individuale per influenzare la suscettibilità allo sviluppo di sintomi psicopatologici depressivi».
Come intervenire per prevenire comportamenti psicopatologici? È esplicito a questo proposito Massimo Molteni, responsabile della ricerca in Psicopatologia all’Irccs “E. Medea”: «Queste evidenze aprono la possibilità a interventi preventivi molto più mirati ed efficaci in quanto basati su più fonti di informazione contemporaneamente. A questo punto diventa urgente indirizzare le risorse verso un accurato monitoraggio di quei ragazzi esposti a un maggior rischio di conseguenze avverse, inclusi, per esempio, interventi volti a ridurre i conflitti oppure ad affrontare il rischio socioambientale in quei ragazzi con una suscettibilità genetica più elevata».