Il professor Valerio Onida, a sessant'anni dall'entrata in vigore della nostra Carta Costituzionale, racconta ai seminaristi il "miracolo costituente" che mise d'accordo le principali forze politiche del Paese. Al di là�di qualche esigenza di ritocco, la Costituzione deve rimanere la nostra stella polare.


Redazione

19/04/2008

di Ylenia SPINELLI

In occasione del 60° anniversario della nostra Costituzione, il professor Valerio Onida, giurista, membro emerito della Corte Costituzionale di cui è stato anche presidente, venerdì 18 aprile, è stato ospite al seminario di Seveso per parlare con i ragazzi della storia della nostra Carta, promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1°gennaio 1948.

L’incontro, organizzato da mons. Eros Monti, vicario episcopale di settore per la Vita Sociale con il Gruppo di Interesse Socio Politico del seminario, si inseriva nella cornice di un duplice sessantesimo: quello della Costituzione Italiana e quello della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, firmata il 10 dicembre 1948.

«Per essere persone di comunione e di dialogo- ha detto mons. Eros Monti, sottolineando l’importanza dell’incontro- anche i futuri preti devono educarsi ad essere uomini di relazione, nella Chiesa e nella società».

Il prof. Onida ha poi tenuto a precisare che la Costituzione Italiana non è solo un fatto del passato, un pezzo della nostra storia, ma un vero e proprio “miracolo costituente”, lungimirante nell’individuare dei principi guida del sistema democratico e fortemente motivato nel ricercare una sintesi tra le principali culture politiche del nostro Paese. Per capire l’alveo nel quale anche la nostra Costituzione è nata, bisogna fare un passo indietro nel tempo, soffermandosi su uno dei primi documenti costituzionali: la Dichiarazione di Indipendenza Americana, che si fondava sul principio dell’uguaglianza tra gli uomini. «Il costituzionalismo, che nasce in America e in Francia, si basa su idee forti e universali- ha ricordato Onida- poi nell’8-‘900 si sviluppa attraverso movimenti e assetti politici che riguardano i singoli stati».

Citando Rossetti e il discorso sulle quattro libertà di Roosvelt (di pensiero, di religione, dal bisogno e dalla paura) il giurista ha sottolineato come il nostro “miracolo costituente” sia frutto della Seconda Guerra Mondiale e dei motivi ispiratori che hanno portato alla nascita dell’Onu nel 1945, dunque possiede uno spirito universale e transtemporale.

«La nostra Costituzione – ha detto Onida- èstata definita presbite, proprio perché non ci si è fermati all’oggi, ma si è guardato al futuro, per questo deve rimanere la stella polare da cui farsi guidare, nonostante le contraddizioni e le difficoltà della storia, che però non tolgono valore alle idee e ai diritti universali».

Nel dibattito con i seminaristi si è parlato dei tentativi di modifica e di radicale cambiamento, specie della seconda parte, che finiscono, erroneamente, per legittimare l’idea di una Carta ormai superata e datata.«Il rischio maggiore- ha sottolineato Onida- è quello di fare cambiamenti senza partire dall’ispirazione di fondo che la Costituzione non dà soluzioni a problemi concreti, ma deve tutelare diritti e doveri delle persone umane, che sono inderogabili ed inviolabili».

Secondo il giurista questo non è il momento di una nuova fase costituente, perché il clima politico è caratterizzato da una visione particolaristica degli interessi e non dal bene comune. « Si potrebbero fare modifiche per migliorare il funzionamento del Parlamento – ha detto- qualche ritocco sì, ma non grosse rivoluzioni».

Anche i dissensi odierni sui temi etici per Onida si potrebbero risolvere prendendo esempio dai costituenti, cioè affrontando le questioni non da un punto di vista ideologico, ma con spirito pratico.

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