Dalla ripresa dei negoziati sul Medio Oriente alle voci di un ritiro Usa dall'Iraq. Ma su tutto incombe la questione del nucleare iraniano


Redazione

22/07/2008

di Francesco BONINI

Nello scenario del Medio Oriente allargato, che arriva fino in Afghanistan, non mancano i segnali di novità, evidentemente come sempre ricchi di contraddizioni. Sembra di assistere a una sorta di gioco di incroci, che ha come suo centro la questione del nucleare iraniano.

Il primo incrocio è sempre quello della Terra Santa. Il processo negoziale procede a strappi, ma la tela di Annapolis sembra continuare a rappresentare una base di lavoro. Il vertice euromediterraneo che di fatto ha inaugurato la presidenza francese dell’Unione Europea, ha segnato ufficialmente il riaffacciarsi della Siria.

La prospettiva di un processo di pace con Israele si ripresenta, sia pure con tutte le incognite di un quadro regionale intricatissimo. Siria vuol dire Libano, ove Hezbollah ha guadagnato posizioni, anche propagandistiche, mentre Israele continua ad attraversare un momento politico delicato, per la traballante posizione del premier.

Il secondo incrocio è relativo alla presenza americana: il viaggio del candidato democratico Obama, ma anche il tragico bollettino quotidiano delle perdite alleate sembrano spostare l’attenzione dall’Iraq all’Afghanistan. Si comincia a parlare di ritiro americano dall’Iraq, o più propriamente di spostamento di parti del contingente sul fronte afghano. Le prospettive qui restano assai incerte, ma d’altra parte è proprio questo lontano, remoto, inospitale territorio il luogo fisico della cosiddetta “guerra al terrorismo”.

Eccoci, allora, al nodo più sensibile e più scoperto, il nucleare iraniano. In queste settimane si sono infittite le voci di una “finestra” corrispondente agli ultimi due mesi di mandato del presidente Bush: è l’interregno dopo l’elezione del suo successore e l’insediamento di questi alla Casa Bianca. In questo arco temporale ci sarebbero i tempi e le condizioni per realizzare un’azione preventiva sulle installazioni, così come era avvenuto diversi anni fa.

D’altra parte è sempre possibile una soluzione negoziale, anche se le dichiarazioni di parte iraniana sono ferme sulla determinazione a proseguire il programma, che non ha evidentemente allo stato alcune finalizzazione militare dichiarata, come segno dell’indipendenza del Paese dal punto di vista industriale e tecnologico, oltre che energetico, e per questa via anche e soprattutto della sua ambizione a svolgere il ruolo di potenza regionale di riferimento.

È una partita, seguita con attenzione da Russia e Cina, diretta in particolare verso gli Stati Uniti, che paradossalmente rappresentano oggi – a parte Israele – la più massiccia presenza militare nella regione alternativa all’Iran. D’altra parte proprio quest’area è stata il teatro del big scramble, il “grande gioco” degli equilibri mondiali di un secolo fa: una partita dagli esiti imprevedibili.

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