Di fronte alla preoccupazione per gli eccessi di molti giovani, Tettamanzi sottolinea la risposta indicata nel Percorso pastorale


Redazione

30/09/2008

di Pino NARDI

La preoccupazione sta aumentando, perché la cronaca continua a far emergere una condizione giovanile sempre più a rischio. In particolare nel consumo di alcol e droga, cocaina in pole position. Indagini e ricerche parlano di allarme soprattutto nel week-end, che diventa da sballo. E l’età continua ad abbassarsi: a 16 anni, ma anche molto prima.

Di fronte a questo fenomeno tutti sono coinvolti: dalla famiglia alla scuola, alla comunità cristiana. Perché la via della repressione non può essere l’unica, né forse quella risolutiva. Necessario invece imboccare la strada, più lunga e difficile, dell’impegno educativo. E su questo la Chiesa ambrosiana vuole giocare il suo ruolo e la sua credibilità.

Bullismo, abuso di alcol e droga, disagio giovanile sono tutte questioni che rientrano nel Percorso pastorale, in particolare nella terza tappa di quest’anno. «Viviamo nel contesto di un intreccio inestricabile di mentalità e di costumi, simile al campo evangelico nella quale crescono insieme il buon grano e la zizzania – propone la sua riflessione il cardinal Tettamanzi -. E così il compito educativo si incontra e si confronta con la cultura, talvolta in termini anche fortemente problematici. Quante volte le famiglie sentono che i valori che cercano di trasmettere ai figli sono opposti a quelli che i ragazzi e i giovani assorbono e “respirano” dall’ambiente in cui sono inseriti: la scuola, la tv, internet, il gruppo di amici, le discoteche, le palestre… In questo contesto non facile le famiglie e le comunità cristiane non devono rinunciare a un confronto con la cultura e la mentalità di oggi. Devono essere anzitutto luoghi di ascolto critico in cui, con un’intelligenza illuminata dalla ragione e dal Vangelo, adulti e ragazzi imparano a valutare i messaggi culturali – spesso disparati e contraddittori – per trovare le risposte ai grandi interrogativi sul “senso” della vita dell’uomo».

La Chiesa è vicina anche per questo alle fatiche quotidiane dei genitori: «Non c’è dubbio che un aspetto prioritario di questo impegno di “prossimità” alle famiglie sia quello culturale e formativo – precisa il Cardinale -. Occorre promuovere cammini educativi, specie con i giovani, non solo per contrastare la cultura che presenta la normalità della vita sempre contraddistinta dai tratti della salute e del benessere fisico e psichico, ma anche per offrire una visione cristiana e completa della vita umana».

Ma per rispondere a questa emergenza la scuola può e deve contribuire in modo essenziale. E spesso non avviene. «Questo disagio, che in certe situazioni si accentua sino a compromettere anche gravemente la possibilità di offrire ai ragazzi un percorso educativo sereno ed efficace, può portare a un rimpallo di responsabilità – continua l’Arcivescovo nel Percorso di quest’anno -. Si sente allora dire – a seconda della parte che si fa “accusatrice” – che se la scuola va male la colpa è del governo e delle istituzioni; oppure è degli insegnanti che sono impreparati e inconcludenti; o del personale non docente che non fa il suo mestiere; o dei dirigenti che non sono capaci di coordinare e governare; o dei genitori che non seguono a casa i propri figli e non insegnano loro un minimo di disciplina; oppure dei ragazzi che “hanno la testa per aria”, sono continuamente distratti e diventano spesso protagonisti impunibili di fenomeni di “bullismo”; o ancora di quegli alunni “difficili” (spesso stranieri) che impediscono alla classe di proseguire nel programma; o della televisione e di internet che offrono modelli alternativi a quelli della scuola; o, infine, della società, questa specie di entità astratta che ha comunque tutte le colpe… Considerazioni in tutto o in parte vere, ma l’accusa reciproca non porta lontano. Solo una vera alleanza tra tutti coloro che hanno a cuore l’educazione integrale delle nuove generazioni può far uscire la scuola, italiana dalla crisi, in particolare l’alleanza tra genitori, insegnanti e operatori scolastici».

Drammatico è il continuo abbassamento di età nell’abuso di alcol e nell’uso di droghe. Il “mercato” punta su fasce un tempo più “protette”. E il Cardinale non manca di mettere in guardia. «Diversamente che nel recente passato in cui costituiva ancora un ambiente tutto sommato “tranquillo”, la scuola frequentata dai ragazzi tra gli 11 e i 14 anni sta diventando una realtà fortemente problematica, che esige una particolare attenzione da parte delle famiglie – sottolinea -. L’inizio precoce dell’adolescenza, il disorientamento affettivo e sessuale, l’assunzione di modelli e di atteggiamenti da “adulto”, la pressione delle mode e della pubblicità, l’importanza crescente del “gruppo” visto come alternativa alla famiglia, il rischio di esperienze traumatizzanti, ecc. rendono questa età un momento particolarmente difficile e delicato. I genitori non possono abdicare al loro compito con la scusa che “ormai è grande”, che “devo rispettare la sua personalità e la sua privacy”, ecc. Soprattutto a questa età l’adulto deve saper offrire al ragazzo e all’adolescente gli elementi per non smarrire la strada giusta, per non essere travolto dalla miriade di messaggi contraddittori che gli arrivano e possa così essere aiutato nella scoperta di sé in rapporto alla progettazione del proprio futuro».

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