Celebrazioni vissute nella paura nella regione indiana teatro della persecuzione dei cristiani
Redazione
30/12/2008
di Stefano VECCHIA
da Bangkok
L’India si avvia a una fine dell’anno ricco di incertezze. Pesano sul colosso asiatico la minaccia terroristica che a fine ottobre ha devastato il suo cuore finanziario e la sua maggiore metropoli, Mumbai; pesa la situazione di tensione con il confinante Pakistan, secondo Paese musulmano al mondo come popolazione, nemico storico, ma anche legato dall’India da infiniti rapporti e una storia comune fino al 15 agosto 1947.
Tuttavia, caduta perlopiù nell’indifferenza dei mass media all’interno, considerata una delle tante situazioni di tensioni accese nel colosso indiano dal Natale dello scorso anno e aggravatasi da agosto, una vera e propria ondata persecutoria ha avuto come obiettivo di svuotare della presenza cristiana il distretto di Kandhamal, nello Stato orientale di Orissa, oltre che quello di interessare prima aree limitrofe e nei mesi successivi anche altre regioni dell’India.
Il Natale nell’Orissa è trascorso tranquillo, seppure carico di tensione e blindato dalle forze di sicurezza nei villaggi del Kandhamal svuotati dalla paura. Ovunque i cristiani hanno tenuto un basso profilo di visibilità in attesa della nascita di Nostro Signore. Lesinati i canti e le danze, queste ultime in particolare tipiche del mondo tribale, che proprio in occasione del Natale ritrova le antiche tradizioni espressive e i propri costumi originari, mentre i pastori hanno esortato al rigore e alla rinuncia.
In altri distretti – Bhubaneshwar, Sambalpur, Raigad, Rourkela -, teatro di distruzioni sistematiche e di atti efferati, anche se con un numero minore di vittime rispetto al Kandhamal, il controllo sugli edifici di culto è stato e resta sensibile. «L’attenzione internazionale – commenta il vescovo di Sambalpur, monsignor Thomas Kerketta – ha costretto le autorità a intervenire. Si potrebbe dire, con una certa tristezza e molta preoccupazione, che le vicende dei cristiani dello Stato di Orissa erano finora sfuggite a tanti, anche in India, e avevano avuto troppe coperture e omertà: questo ha contribuito a creare una situazione favorevole agli estremisti. Pur nell’inquietudine e nelle difficoltà di questi tempi, siamo certi che la nascita di Gesù saprà riportare la dimensione della speranza nei nostri cuori».
Nella cattedrale di questa cittadina di 300 mila abitanti, al centro di una diocesi che accoglie 37 mila cattolici nelle sue 22 parrocchie, la messa della vigilia si è tenuta alle 17. «Timore e insieme rispetto per le sofferenze dei nostri confratelli – dice monsignor Kerketta – ha spinto a questa scelta. I leader indù hanno sollecitato alla moderazione, cancellando lo sciopero generale inizialmente proclamato per il 25 dicembre, se non fossero stati individuati gli assassini di Swami Laxmananda Saraswati, ma ci aspettiamo da un momento all’altro un cambio della situazione. Nei nostri cattolici c’è paura».
Laxmananda, personaggio discusso e per molti un millantatore, istigatore degli attacchi contro le chiese del Natale 2007, è stato assassinato il 23 agosto e il suo omicidio è stato rivendicato in più occasioni dalla guerriglia maoista, che in lui vedeva un nemico dei più deboli e un garante degli interessi delle caste superiori e del business sui territori tribali. Rivendicazioni rifiutate dagli estremisti, che preferiscono accusare i cristiani.
Trentacinquemila sfollati iniziali, di cui la metà ancora nei campi profughi e migliaia nella foresta o in aree anche molto lontane; 70 morti, 200 edifici di culto, ma anche scuole, dispensari e ostelli per giovani devastati, minacce e attentati… L’Orissa è teatro di quella che i leader cristiani non esitano a definire «pulizia etnica». Qui da decenni le esigenze di controllo della caste superiori e vasti interessi economici, concentrati sui gruppi meno favoriti, si associano alla volontà di espulsione o riconversione dei tribali cristianizzati.
L’accelerazione di questi mesi ha una serie di concause e tra queste il crescere di una nuova coscienza tra i tribali e i dalit (fuoricasta) dovuta a un miglioramento delle loro condizioni di istruzione e di lavoro, ma anche le elezioni in corso in vari stati dell’India e, ancor più in vista del voto per il rinnovo del Parlamento nazionale, previsto per il prossimo maggio.