Il ruolo fondamentale dei genitori nella formazione alla santità dei loro figli

di Vittorio CHIARI
Redazione Diocesi

Non è per niente esagerato l’invito alla santità rivolto dal Cardinale Dionigi ai bimbi e alle bimbe della Diocesi e a quanti, fuori Diocesi, leggeranno la sua Lettera, un messaggio da padre buono ricco di speranza, o, considerata l’età, da un nonno premuroso e affettuoso nei confronti dei suoi nipotini.
Il bene s’inizia presto come le cattive abitudini. Dipende molto dall’ambiente familiare. Scriveva un giorno ai sacerdoti Yves Congar, il grande teologo del Concilio Vaticano II: «Il catechismo da noi insegnato, la stessa formazione ai sacramenti non danno seri frutti se non radicati nella famiglia. Dove non esiste famiglia cristiana, la nostra azione è molto spesso senza domani; dove ne esiste una, la nostra azione ha un avvenire. Insomma, non siamo noi che facciamo i cristiani, sono i genitori. Spesso non guadagniamo molto lavorando sui bambini; guadagniamo tutto quasi a colpo sicuro lavorando sui genitori».
«Se è vero che Mamma e Papà, come primi educatori, sono all’origine di quelle impressioni che si stampano in modo indelebile nell’animo dei ragazzi, impressioni di calore umano, di tenerezza, di sicurezza, oppure di freddezza, d’indifferenza e di impazienza, noi figli dobbiamo dichiarare che bontà, serenità, affetto senza debolezza sono all’origine della nostra educazione», scriveva don Angelo Viganò, in Storia di umile gente, dove tesse un elegio alla famiglia, dove è cresciuto insieme ai suoi due fratelli sacerdoti, don Egidio, poi Rettore Maggiore dei Salesiani e don Francesco, salesiano pure lui.
La mamma, senza avere fatto tanti studi – tre elementari come si usava in Brianza anni fa – aveva un corredo di regole familiari, che non ha nulla da invidiare ai pedagogisti, che tanto hanno studiato oggi: «Non mettetevi nei pericoli»; «Sarei disposta a vedervi morti piuttosto che vedervi peccare»; «State allegri� i malcontenti non piacciono a nessuno»; «Mi sono accorta che i piccoli hanno bisogno dell’incoraggiamento ed anche da grandicelli la lode al momento gusto ottiene migliori effetti degli scappellotti»; «Il vero educatore deve amare, e se crede farsi ubbidire con la durezza e con l’egoismo sbaglia; non sarà mai un vero educatore»; «Per incoraggiare i figli ad affrontare le prove della vita li indirizzavo a Dio».
Saggezza della mamma educatrice che era solita dire: «Sbagliano i genitori che lasciano fare ai figli tutto ciò che vogliono, sbagliano quelli che trattano i figli solo con la forza»; «Un figlio è come una pianta: non la si tira per le foglie per farla crescere più in fretta»; «Tirar su bene i figli è rendersi conto di quello che fanno, ma senza condizionarli; bisogna saper aspettare per vedere le loro inclinazioni»; «Educare vuol dire voler bene e questo va fatto 24 ore su 24; ma a voler bene veramente s’impara solo da Dio che è amore».
Il papà, contemplativo di poche parole, che usava corone del rosario di corda, da lui intrecciate, perché ne consumava troppe nel suo andare avanti e indietro come vigilante notturno in una fabbrica di Sondrio, si limitava a dire ai figli: “Quello che Dio vuole, non è mai troppo!”.
Se i genitori contano molto nella formazione alla santità dei loro figli, non dimentichiamo che lo Spirito Santo agisce su di loro con l’abbondanza dei suoi doni. Cosa dire della riposta data da una bimba all’animatore che aveva invitato i bimbi della scuola materna a rivivere il presepe scegliendo ognuno una parte da rappresentare in modo vivo. Il problema è nato quando due bimbi volevano essere Gesù Bambino. L’escluso ha cominciato a piangere in modo �inconsolabile.
A salvare tutto è intervenuta una bimba: “Facciamo due Gesù Bambini. Il gemello di Gesù. Se muore uno, c’è pronto l’altro!”. E così avvenne tra la viva soddisfazione di tutti. Lo Spirito Santo è intervenuto perché, commentava un’altra bimba: “Di Gesù Bambini non ce n’è mai abbastanza!”. La santità non conosce davvero età! Buon Natale! Non è per niente esagerato l’invito alla santità rivolto dal Cardinale Dionigi ai bimbi e alle bimbe della Diocesi e a quanti, fuori Diocesi, leggeranno la sua Lettera, un messaggio da padre buono ricco di speranza, o, considerata l’età, da un nonno premuroso e affettuoso nei confronti dei suoi nipotini.Il bene s’inizia presto come le cattive abitudini. Dipende molto dall’ambiente familiare. Scriveva un giorno ai sacerdoti Yves Congar, il grande teologo del Concilio Vaticano II: «Il catechismo da noi insegnato, la stessa formazione ai sacramenti non danno seri frutti se non radicati nella famiglia. Dove non esiste famiglia cristiana, la nostra azione è molto spesso senza domani; dove ne esiste una, la nostra azione ha un avvenire. Insomma, non siamo noi che facciamo i cristiani, sono i genitori. Spesso non guadagniamo molto lavorando sui bambini; guadagniamo tutto quasi a colpo sicuro lavorando sui genitori».«Se è vero che Mamma e Papà, come primi educatori, sono all’origine di quelle impressioni che si stampano in modo indelebile nell’animo dei ragazzi, impressioni di calore umano, di tenerezza, di sicurezza, oppure di freddezza, d’indifferenza e di impazienza, noi figli dobbiamo dichiarare che bontà, serenità, affetto senza debolezza sono all’origine della nostra educazione», scriveva don Angelo Viganò, in Storia di umile gente, dove tesse un elegio alla famiglia, dove è cresciuto insieme ai suoi due fratelli sacerdoti, don Egidio, poi Rettore Maggiore dei Salesiani e don Francesco, salesiano pure lui. La mamma, senza avere fatto tanti studi – tre elementari come si usava in Brianza anni fa – aveva un corredo di regole familiari, che non ha nulla da invidiare ai pedagogisti, che tanto hanno studiato oggi: «Non mettetevi nei pericoli»; «Sarei disposta a vedervi morti piuttosto che vedervi peccare»; «State allegri� i malcontenti non piacciono a nessuno»; «Mi sono accorta che i piccoli hanno bisogno dell’incoraggiamento ed anche da grandicelli la lode al momento gusto ottiene migliori effetti degli scappellotti»; «Il vero educatore deve amare, e se crede farsi ubbidire con la durezza e con l’egoismo sbaglia; non sarà mai un vero educatore»; «Per incoraggiare i figli ad affrontare le prove della vita li indirizzavo a Dio». Saggezza della mamma educatrice che era solita dire: «Sbagliano i genitori che lasciano fare ai figli tutto ciò che vogliono, sbagliano quelli che trattano i figli solo con la forza»; «Un figlio è come una pianta: non la si tira per le foglie per farla crescere più in fretta»; «Tirar su bene i figli è rendersi conto di quello che fanno, ma senza condizionarli; bisogna saper aspettare per vedere le loro inclinazioni»; «Educare vuol dire voler bene e questo va fatto 24 ore su 24; ma a voler bene veramente s’impara solo da Dio che è amore».Il papà, contemplativo di poche parole, che usava corone del rosario di corda, da lui intrecciate, perché ne consumava troppe nel suo andare avanti e indietro come vigilante notturno in una fabbrica di Sondrio, si limitava a dire ai figli: “Quello che Dio vuole, non è mai troppo!”.Se i genitori contano molto nella formazione alla santità dei loro figli, non dimentichiamo che lo Spirito Santo agisce su di loro con l’abbondanza dei suoi doni. Cosa dire della riposta data da una bimba all’animatore che aveva invitato i bimbi della scuola materna a rivivere il presepe scegliendo ognuno una parte da rappresentare in modo vivo. Il problema è nato quando due bimbi volevano essere Gesù Bambino. L’escluso ha cominciato a piangere in modo �inconsolabile. A salvare tutto è intervenuta una bimba: “Facciamo due Gesù Bambini. Il gemello di Gesù. Se muore uno, c’è pronto l’altro!”. E così avvenne tra la viva soddisfazione di tutti. Lo Spirito Santo è intervenuto perché, commentava un’altra bimba: “Di Gesù Bambini non ce n’è mai abbastanza!”. La santità non conosce davvero età! Buon Natale!

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