Lo stile comunicativo, l'esempio morale, la lezione civica e di fede ricordati nel convegno promosso dall'Ucsi all'Università Cattolica
di Filippo MAGNI
Redazione
«Formazione dell’opinione pubblica cattolica, schiena dritta ed educazione dei lettori». Intorno a questi tre poli, come ha riassunto in conclusione Giorgio Acquaviva, presidente dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa italiana) Lombardia, è gravitato il convegno “Giuseppe Lazzati – giornalista e direttore”, tenutosi martedì 13 ottobre all’Università Cattolica di Milano.
La mattinata, organizzata dall’Ucsi, era inserita nella celebrazione dei 100 anni dalla nascita di Lazzati (1909-1986), membro dell’Assemblea costituente nelle file della Dc, autore di testi sulla formazione dei laici, rettore dell’Università Cattolica, proclamato servo di Dio. Il convegno ha posto sotto i riflettori gli anni tra il 1961 e il 1964, quando Lazzati fu nominato direttore del quotidiano cattolico L’Italia dal cardinale Giovanni Battista Montini (futuro Papa Paolo VI). «Formazione dell’opinione pubblica cattolica, schiena dritta ed educazione dei lettori». Intorno a questi tre poli, come ha riassunto in conclusione Giorgio Acquaviva, presidente dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa italiana) Lombardia, è gravitato il convegno “Giuseppe Lazzati – giornalista e direttore”, tenutosi martedì 13 ottobre all’Università Cattolica di Milano.La mattinata, organizzata dall’Ucsi, era inserita nella celebrazione dei 100 anni dalla nascita di Lazzati (1909-1986), membro dell’Assemblea costituente nelle file della Dc, autore di testi sulla formazione dei laici, rettore dell’Università Cattolica, proclamato servo di Dio. Il convegno ha posto sotto i riflettori gli anni tra il 1961 e il 1964, quando Lazzati fu nominato direttore del quotidiano cattolico L’Italia dal cardinale Giovanni Battista Montini (futuro Papa Paolo VI). Non un nostalgico ricordo «Oggi ci poniamo come discepoli che guardano un maestro dalla schiena dritta», ha detto Acquaviva, che ha aggiunto: «Questo convegno cade in un momento storico e politico particolare per la stampa italiana. Parlare oggi di Lazzati come giornalista è provvidenziale». Il riferimento, ha aggiunto, è «al caso che tempo fa ha coinvolto Dino Boffo, alla recente manifestazione indetta per denunciare il clima di intimidazioni e pressioni nei confronti di cronisti che cercano di svolgere il proprio lavoro e infine allo sconsiderato attacco ai giornalisti farabutti». Data la situazione in cui si trova la stampa italiana, ha precisato Acquaviva, «Lazzati è un esempio, non un nostalgico ricordo».L’attualità del politico e intellettuale è una delle chiavi di lettura suggerite dal moderatore Fabio Pizzul, che ha rilevato come «nella società odierna si dimentica rapidamente. Da un giorno all’altro non ricordiamo cosa noi stessi abbiamo detto, o cosa ha detto chi ci dovrebbe guidare. Oggi vale una cosa, domani il suo contrario». In quest’ottica, ha aggiunto, «fare memoria di Lazzati assume senso. Rileggendolo ci si accorge che il suo pensiero è ancora attuale, addirittura provocatorio». Il ruolo del giornale Il profilo biografico del Lazzati giornalista è stato affidato a Marta Margotti, docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze politiche all’Università di Torino. La docente ha ricordato che il periodo di direzione di L’Italia «ha rappresentato uno dei momenti più intensi e sofferti della sua attività intellettuale». Il pensiero lazzatiano, ha precisato, emergeva genuinamente nelle risposte alle missive dei lettori: «Lazzati ribatteva in media a tre lettere al giorno, convinto che il ruolo del giornale non fosse compiacere i lettori, ma formarli e informarli». La parola ai testimoni Lo spazio dedicato ai testimoni ha registrato l’intervento di Franco Monaco, che ha ricordato come Lazzati avesse «uno stile di scrittura essenziale perché gli interessava la sostanza. Nei suoi editoriali talvolta la forma pagava il prezzo alla cura per i contenuti». Il sentito ricordo di Giacomo Corna Pellegrini ha svelato caratteri più personali di Lazzati: «Del direttore ci mancano l’intransigente autorità, la fede, il continuo sforzo di comprendere i fatti». Il collaboratore di Lazzati si è soffermato sulla sua passione per la Chiesa dei primi due secoli: «Capire quel periodo diventava per Lazzati una fonte di grande ispirazione per interpretare il suo tempo». Con il desiderio, ha aggiunto, «di liberare la Chiesa da fronzoli superflui, da ogni viscosità interiore, da ogni legame col potere politico». Il suo stile «Credo che Lazzati – ha rilanciato Marco Garzonio, presidente di Ambrosianeum – sia uno dei pochi che ha servito la Chiesa senza servirsi della Chiesa, senza aspettarsi nulla in cambio». «Come era nel suo stile – ha proseguito – ha trasmesso questo suo atteggiamento a tutta una generazione: non amava essere chiamato maestro, ma era una persona in grado di trasmettere conoscenze». Garzonio ha citato «i numerosi giovani giornalisti a cui affidava gli editoriali» e il piacere del direttore di «discutere di ogni argomento con franchezza, senza mai nascondere la propria opinione». La conclusione del presidente di Ambrosianeum è un monito «a omaggiare Lazzati non rimpiangendolo, ma soffermandosi a riflettere sull’oggi». In particolare «sulla stampa cattolica: non possiamo non notare che ai tempi di Lazzati erano presenti sette quotidiani cattolici. Dobbiamo riflettere su questo dato, così come sulla tensione di Lazzati a costruire un’opinione pubblica e giovani giornalisti cristiani». Dire che oggi i cattolici «sono ininfluenti – ha concluso – è fin troppo generoso di fronte all’incapacità della stampa cristiana di formare l’opinione pubblica».