Il tema proposto per l'incontro con i giornalisti per la festa di san Francesco di Sales (Ambrosianeum, 26 gennaio 2008) ha invitato a riflettere sulla complessità dell'attuale fenomeno migratorio.
Redazione
26/01/2008
di Tomaso ZANDA
La responsabilità dei mass media nel raccontare il fenomeno dell’immigrazione; la necessità di fermarsi a pensare prima di scrivere o parlare; la ricerca di testimonianze di immigrati, per raccontare storie e vissuti; questi e altri i temi affrontati in occasione della festa del patrono dei giornalisti s. Francesco di Sales svoltasi presso l’Ambrosianeum di via delle Ore.
Si sono incontratiil cardinal Dionigi Tettamanzi e il direttore del Corriere della sera Paolo Mieli per un confronto reciproco sul rapporto fra mass media e immigrazione. Perché riflettere di immigrazione e mass media? Perché, come detto nell’introduzione da Marco Garzonio presidente dell’Ambrosianeum, èuna tendenza diffusa e da evitare quella di "cercare fuori da noi le fonti dei nostri problemi"; facendo così gli immigrati diventano causa di insicurezza sociale e crimine, provocano carenza di posti di lavoro e problemi per le scuole e i costumi. I media sono allora uno strumento al servizio della cittadinanza se offrono informazioni dopo attento studio e discernimento.
Il modo in cui i principali quotidiani italiani raccontano l’immigrazione viene descritto dai dati della ricerca della Fondazione ISMU che traccia tre conclusioni generali: i media stanno percorrendo una strada che cerca di rendere conto della complessità del fenomeno migratorio, "masticano" le informazioni tecniche utili a comprendere meglio l’immigrazione, ma faticano a uscire ancora oggi dalla logica dell’emergenza, che dipinge l’immigrato come un estraneo e in fondo un disturbo se non un pericolo.
Nel suo dialogo con Paolo Mieli, il cardinal Tettamanzi ha invitato allora a riflettere sulla necessità di dare voce agli immigrati, come fatto da Piero Colaprico nel suo libro Manuale di sopravvivenza per immigrati clandestini, per capire "l’umanità che alberga in ciascuno". L’attenzione alla persona e il desiderio di capire a fondo un tema così complesso sono strade maestre per evitare che le semplificazioni necessarie per rendere accessibile una materia complessa come l’immigrazione, si rivelino invece una riduzione superficiale. In un mondo sempre più veloce e pieno di parole e informazioni come quello del giornalismo, come trovare spazi di silenzio per l’approfondimento e l’ascolto?
Rispondendo Paolo Mieli ricorda che viviamo un tempo di metabolizzazione del post 11 settembre che ha influenzato il nostro modo di vedere l’estraneo, in particolare l’immigrato. La semplificazione, a volte poco innocente, fomenta la paura e non permette la reale comprensione di quanto accade. Mieli si rende conto che il sistema giornalistico lascia poco spazio alla pausa di riflessione, ma sostiene che "in futuro resisteranno quei giornali che arriveranno secondi alla notizia", le testate capaci di non esprimersi subito, rischiando poi di rimangiarsi tutto o di creare ansie ingiustificate, quanto quelle che sapranno avere uno sguardo più ampio, costruttivo.