La rinuncia di Benedetto XVI, un esempio di globalizzazione dell’informazione
Quella delle dimissioni di Benedetto XVI è una di quelle notizie che si definiscono “globali”. Senza alcuna esagerazione. La notizia fa il giro del mondo in pochi minuti dopo l’annuncio per voce dello stesso Pontefice. Il tambureggiamento parte dalle agenzie di stampa, da quelle italiane alla Reuters, alla France Presse. Seguono, a distanza di qualche secondo, i siti on line delle principali testate giornalistiche: la tedesca Frankfurter Allgemeine è in pole position con titolo e foto; seguono i francesi del quotidiano cattolico La Croix (“Benoît XVI démissionne”, ossia papa Ratzinger si dimette), quindi Le Monde e Le Figaro; si passa nel Regno Unito con The Times, in Spagna con El Paìs. Molto attenta alla cronaca vaticana l’emittente dell’Unione europea Euronews, che ribadisce e amplia la notizia, manda in onda la conferenza stampa del portavoce padre Federico Lombardi e avvia servizi che ricostruiscono – non senza qualche passaggio equivoco – il pontificato dagli esordi del 2005 a oggi. Per domani la stessa Euronews annuncia una giornata televisiva speciale.
Oltre Atlantico
Si salta l’Atlantico: nonostante il fuso orario, il sito del New York Times scrive a tutta pagina “Pope Benedict XVI: will step down” (il Papa “si dimetterà”). Quindi, e ancora con grande risalto – titoli, foto, testi, video -, segnalazioni su al-Jazeera(“Pope Benedict XVI to resign”), sulle testate del Sud America, dell’Africa, dell’Australia. I lettori di Russia e Cina vengono informati con ritardo; a Pechino si frappone persino l’ostacolo della censura di Stato.
Il pulpito gigantesco di Internet
Internet è un gigantesco pulpito plurilingue: nel giro di pochi istanti si amplifica e si arricchisce il repertorio di commenti e di dichiarazioni da parte di leader politici, di ecclesiastici, di commentatori di varie nazionalità. Partono le trasmissioni radio e tv in diretta: non accadeva una simile e contemporanea mobilitazione mediatica dai tempi dell’attentato alle Torri gemelle di New York: era l’11 settembre 2001.
Le voci dei Grandi del mondo
Quindi si infittiscono le dichiarazioni dei capi di Stato e di governo, dei rappresentanti delle organizzazioni internazionali. La prima voce che si leva in Europa è quella del presidente francese, François Hollande, che definisce la decisione del Santo Padre “eminentemente rispettabile”. Più calorose le espressioni di Angela Merkel, cancelliera tedesca, affidate al portavoce: ilgoverno di Berlino reagisce a questa notizia “con emozione e turbamento”. E aggiunge che il pontefice tedesco “ha portato il proprio stile personalissimo ai vertici di questa Chiesa e anche come pastore. Occorre essere riconoscenti per aver guidato la Chiesa universale in questi otto anni”. Nelle prossime ore sono attese dichiarazioni dai vertici delle Nazioni Unite, dal presidente Obama (che sta preparando il discorso sullo Stato dell’unione), della stessa Merkel, dei responsabili dell’Unione europea.
I riflettori di tutto il mondo si confermano puntati su piazza San Pietro. Il cristianesimo, parola incarnata, è e rimane anche parola mediata. La Chiesa e la fede della tradizione non possono esimersi e certo non rinunciano a misurarsi con i tempi nuovi del Terzo millennio.