Probabilmente il 19 ottobre, al termine del Sinodo dei vescovi. Lo scrive Saverio Gaeta, vicedirettore del settimanale religioso dei Periodici San Paolo, nel numero in edicola dal 30 aprile
Paolo VI verrà proclamato beato nel 2014, probabilmente il 19 ottobre, a conclusione del Sinodo dei vescovi. Lo rivela in esclusiva il settimanale religioso dei Periodici San Paolo Crederenel numero che sarà in edicola dal prossimo 30 aprile, spiegando che il 5 maggio i cardinali e vescovi membri della Congregazione delle cause dei santi si incontreranno per confermare il miracolo attribuito alla sua intercessione. E, subito dopo, il prefetto Angelo Amato si recherà da Francesco per ricevere il suo assenso alla promulgazione del relativo decreto. Nel servizio esclusivo di Credere,firmato dal vicedirettore Saverio Gaeta, si raccontano i particolari del miracolo attribuito all’intercessione di Paolo VI: la prodigiosa guarigione di un bambino ancora nella pancia della madre avvenuta nel 2001 negli Stati Uniti invocando nella preghiera l’aiuto di Montini. Tutte le testimonianze sono state univoche nel riconoscere l’inspiegabilità scientifica della guarigione, confermata ufficialmente il 12 dicembre 2013 dalla Consulta medica della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi.
Di seguito il testo completo dell’articolo.
Paolo VI verrà proclamato beato nel 2014, probabilmente il 19 ottobre, a conclusione del Sinodo dei vescovi. Il 5 maggio, i cardinali e vescovi membri della Congregazione delle cause dei santi si incontreranno per confermare il miracolo attribuito alla sua intercessione. E, subito dopo, il prefetto Angelo Amato si recherà da Francesco per ricevere il suo assenso alla promulgazione del relativo decreto.
Il prodigioso evento si è verificato negli Stati Uniti nel 2001 ed ha avuto per protagonista un feto che, alla 24a settimana di gravidanza, si trovava in una condizione critica. Gli esami medici avevano messo in luce la rottura della vescica fetale, con ascite (presenza di liquido nell’addome) e anidramnios (assenza di liquido nel sacco amniotico): ogni tentativo terapeutico messo in atto in ospedale risultò inefficace a risolvere la drammatica situazione. La diagnosi era stata severa: il bimbo sarebbe probabilmente morto all’interno dell’utero o, nel migliore dei casi, sarebbe nato con una gravissima insufficienza renale. Il ginecologo era giunto a prospettare alla gestante addirittura l’opportunità dell’interruzione di gravidanza. Ma la donna non accettò questo suggerimento, seguendo piuttosto il consiglio di un’amica di famiglia, italiana e suora di Maria Bambina, che aveva conosciuto Montini. Poggiando sulla pancia un’immaginetta con la reliquia dell’abito del Pontefice, aveva cominciato a invocarlo nella preghiera.
Alla 34a settimana di gravidanza le nuove analisi mostrarono che il quadro clinico era decisamente migliorato e al momento della nascita, con un parto cesareo alla 39a settimana, il neonato presentava buone condizioni generali ed era capace di respirare e di piangere autonomamente. L’inchiesta diocesana venne avviata nel 2003 e tutte le testimonianze furono univoche nel riconoscere l’inspiegabilità scientifica della vicenda.
Il bambino, del quale manteniamo riservato il nome e la località precisa per motivi di privacy, è stato costantemente monitorato. Nel corso degli anni si è verificato il suo corretto sviluppo psicofisico e la salute generale, fino alle ultime visite quando ormai aveva dodici anni. In particolare si è controllata accuratamente la normalità della funzione renale. Il 12 dicembre 2013 la Consulta medica della Congregazione vaticana ha confermato all’unanimità l’inspiegabilità della guarigione, mentre il 18 febbraio scorso si è pronunciato favorevolmente anche il Congresso dei teologi, che ha unanimemente riconosciuto l’intercessione di Paolo VI.
Dopo il riconoscimento delle virtù eroiche di papa Montini, sancito da Benedetto XVI il 20 dicembre 2012, l’approvazione del miracolo conclude un itinerario avviato sin dal 1979 dall’allora vescovo di Brescia, monsignor Luigi Morstabilini, che con il benestare di Giovanni Paolo II cominciò a raccogliere numerose testimonianze “a futura memoria” di quanti avevano conosciuto Giovanni Battista Montini.
La causa vera e propria si avviò l’11 aprile 1998, dopo il nulla osta della Congregazione delle cause dei santi, con l’apertura dell’inchiesta diocesana a Roma, nella quale hanno testimoniato 76 persone. In seguito si sono svolte due inchieste anche a Milano (con 71 testimoni) e a Brescia (con 58 testimoni). Sotto la guida del relatore monsignor Guido Mazzotta, i postulatori padre Paolo Molinari (sino a febbraio 2007) e padre Antonio Marrazzo hanno proceduto alla stesura dei volumi di sintesi, che dimostrano la sussistenza in Paolo VI delle virtù cristiane in grado eroico.
Come affermazione di sintesi, vale la pena di proporre quella di monsignor Francesco Pedretti: «Per quanto io ho potuto vedere, non c’erano solo le virtù, ma c’era la finezza delle virtù». Cui si aggiunge l’autorevole giudizio del cardinale Ugo Poletti: «Solo chi ha potuto avvicinare Paolo VI può essere testimone della sua autentica santità eroica. La sua vita pubblica, severa e austera, era come un “velo di pudore” dietro il quale egli amava nascondere la sua verità di intimo rapporto con Dio, per amore della Chiesa e degli uomini».
Papa Montini si era pubblicamente rivelato nell’omelia del 29 giugno 1978, poche settimane prima della morte: «Ecco, fratelli e figli, l’intento instancabile, vigile, assillante che ci ha mossi in questi quindici anni di pontificato. “Fidem servavi” (ho conservato la fede, ndr.)! Possiamo dire oggi, con umile e ferma coscienza, di non aver mai tradito “il santo vero”».
La morte lo colse il 6 agosto successivo, nella festa della Trasfigurazione del Signore per la quale aveva una particolare predilezione, al punto da aver voluto pubblicare, con la data del 6 agosto 1964, la sua prima enciclica Ecclesiam suam. Alla nipote, che qualche tempo prima gli aveva detto: «Santità, il mondo ha ancora bisogno di voi», aveva replicato sorridendo: «Ma Laura, al mondo pensa il Signore!».
Per tutta la vita, Montini si impegnò per gli altri, sin da quando, nel corso della Seconda guerra mondiale, aveva disposto di accogliere nelle zone extra-territoriali del Vaticano numerose persone in pericolo, visitando personalmente i membri del Comitato di liberazione nascosti in San Giovanni in Laterano. E, da arcivescovo a Milano, si attivò più volte per risolvere difficili vertenze di lavoro. In una delicata occasione chiamò in Curia il presidente della Confindustria lombarda e il segretario del sindacato regionale. A un certo punto la discussione rischiava di degenerare e l’arcivescovo intervenne, ma il presidente non gradì le sue parole e disse con tono perentorio: «Eminenza, deve persuadersi anche lei che due più due fanno quattro e che nessuno può modificare questo risultato». Al che Montini replicò con calma: «Ma anche tre più uno fanno quattro», e la vertenza si risolse positivamente.
Saverio Gaeta