Un dibattito a partire da un volume di monsignor Dario Viganò sull’educazione nel cinema. Un tassello non banale nella riflessione comune
di Loris CANTARELLI
Dalla famiglia alla scuola, dalla parrocchia alle altre realtà di un quartiere, è perfino banale notare quanto modelli e dinamiche educative stiano cambiando letteralmente “in diretta”, ancor più rapidamente che nei “favolosi anni Sessanta”, che videro il più consistente rinnovamento della società italiana. Inevitabile, nella riflessione culturale legata agli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio 2010-2020 “Educare alla vita buona del Vangelo”, ritrovarsi a ragionare anche sul cinema, che da sempre registra e interpreta questi cambiamenti.
Il bel libro di monsignor Dario Edoardo Viganò, Cari maestri. Da Susanne Bier a Gianni Amelio i registi si interrogano sull’importanza dell’educazione (Cittadella editrice, 304 pagine, 17 euro), è stata occasione ieri sera per un approfondimento alla Fondazione culturale Ambrosianeum di Milano. All’incontro, curato dalla stessa Ambrosianeum e dall’Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) alla presenza dell’autore, si sono confrontati con partecipazione punti di vista complementari sullo “stato dell’arte” dell’educazione oggi.
Don Davide Milani, responsabile Acec per la Diocesi di Milano, ha giustamente indicato il libro come parte dell’ansia educativa che da sempre accompagna la Chiesa. Ad aprire gli interventi Innocente Pessina (da tre anni preside del liceo classico “Giovanni Berchet”), che ha notato come la famigerata “emergenza educativa” di cui tanto si parla riguarda più gli educatori che i ragazzi, e che in educazione non può esserci il vuoto, ma soltanto cattiva educazione: motivi in più per vigilare e allacciare alleanze con il territorio (compreso l’aiuto dei sacerdoti nella comprensione delle situazioni agli scrutini) e le famiglie degli studenti.
È stata poi la volta di monsignor Carlo Faccendini (vicario episcopale della zona VII di Sesto San Giovanni e per l’educazione scolastica) ribadire esperienze a tutto tondo come quella degli educatori nello sport, attenti allo sviluppo della persona integrale, nonché la sempre valida virtù della pazienza. Con due punti fermi: non si educa per delega e in educazione vince chi c’è, non chi parla.
Riccardo Rippani (giovane attore diplomato al Piccolo Teatro) ha raccontato come recitare – spesso nato nei banchi di scuola o negli oratori – sia educativo per se stessi, e che i conflitti nati proprio in famiglia sono talmente paradigmatici da ispirare capisaldi shakespeariani come Amleto o Romeo e Giulietta.
Da psicoterapeuta Marco Garzonio, presidente dell’Ambrosianeum, ha ricordato la curiosa coincidenza della nascita di monsignor Viganò nel 1962, anno della XXXV Settimana sociale dei cattolici, dedicata alle incidenze sociali nei mezzi audiovisivi, primo esempio eclatante di attenzione del mondo cattolico alla modernità e in non casuale coincidenza con l’apertura del Concilio Vaticano II.
I ringraziamenti e le annotazioni conclusive della serata da parte di monsignor Viganò – direttore de La Rivista del Cinematografo (nata nel 1928, la più antica pubblicazione italiana del settore) – hanno ricordato il cinema come luogo di frontiera con il mondo contemporaneo, anche per chi guarda con nostalgia alla dimensione della fede, con la scelta in copertina del film In un mondo migliore (miglior film straniero agli Oscar 2011) della danese Susanne Bier, intervistata con gli italiani Riccardo Milani, Giovanni Veronesi e Gianni Amelio.