Verso il convegno di Macerata (dal 19 al 21 maggio).
Monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale, presenta l'appuntamento
a cura di Vincenzo CORRADO
Sarà dedicato al tema “Abitanti digitali” il convegno che l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali (Uncs) e il Servizio informatico della Cei (Sicei) promuovono a Macerata dal 19 al 21 maggio. L’incontro, che si tiene dopo il convegno nazionale “Testimoni digitali” (22-24 aprile 2010) e il seminario “Diocesi in rete” (23-24 novembre 2010), è rivolto a direttori degli uffici diocesani per le comunicazioni sociali, responsabili informatici, animatori e incaricati della cultura e della comunicazione.
I lavori saranno aperti dal vescovo Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali; seguirà un approfondimento teorico con le relazioni di monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Uncs, Ruggero Eugeni e Massimo Scaglioni, docenti all’Università Cattolica di Milano. Tra gli altri relatori Saverio Simonelli (responsabile programmi culturali di Tv2000), Paolo Bustaffa (direttore Sir), Francesco Ognibene (caporedattore Avvenire) e Francesco Zanotti (presidente Fisc). Durante il convegno verrà presentata la ricerca quantitativa “Identità digitali: la costruzione del sé e delle relazioni tra online e offline”, curata da Chiara Giaccardi (docente all’Università Cattolica). Monsignor Domenico Pompili presenta l’appuntamento.
Ci può spiegare il significato del tema?
“Abitanti digitali” si pone già nel titolo in ideale continuità con “Testimoni digitali” che lo scorso anno ha raccolto a Roma migliaia di operatori della comunicazione per superare definitivamente la contrapposizione tra virtuale e reale. Siamo tornati a casa persuasi che la rete può essere un luogo d’incontro e di dialogo, a condizione che non venga scambiata per l’intero, giacché le dimensioni intracorporea e fisica non potranno mai essere ritenute superflue. Tuttavia grazie alla rete – e i social network ne sono una tangibile conferma – si possono stabilire contatti, approfondire la dinamica relazionale e perfino affettiva e, dunque, fare “opera di manutenzione” dei rapporti umani. Con Macerata vorremmo fare un passo in avanti chiedendoci in concreto come abitare questo spazio umano, senza avere la velleità di volerlo presidiare o l’ingenuità di volerlo occupare. Qui il punto è abitare, cioè stabilire un rapporto non superficiale né strumentale, capace di comprendere dal di dentro il significato di questa nuova piattaforma di comunicazione.
Continua dunque l’impegno nel «coniugare l’annuncio del Vangelo con la nuova realtà mediatica»…
L’interesse che ci muove non è tecnico, né solo dettato da curiosità per le novità cui assistiamo quasi di giorno in giorno. A spingerci è la consapevolezza che dietro i cambi tecnologici si nascondono sempre anche delle trasformazioni umane e culturali, di cui tener conto se si vuol intercettare il mondo di oggi. Chi ha il compito e la missione di annuncio del Vangelo non può disinteressarsi dell’evoluzione dei linguaggi e delle forme comunicative perché gli uni e le altre producono sottili sommovimenti pure nell’umano. Basti pensare alla forma dialogica e interattiva che Internet predilige e che porta a riformulare anche la proposta evangelica in una forma che sappia più di generazione ed educazione che non semplicemente di trasmissione unidirezionale, sapendo che l’educatore è chiamato ad auto-educarsi.
Quale altro tassello s’intende aggiungere alla riflessione sulle novità del contesto digitale?
Certamente sarà interessante conoscere i risultati della ricerca coordinata da Chiara Giaccardi, che intende fare il punto sulle “identità digitali”, cioè sulla costruzione del sé e delle relazioni, nei giovani tra i 18 e i 24 anni. Molto rilevanti saranno anche le esperienze di cui a Macerata verremo a conoscenza, attraverso persone che stanno sperimentando nel nostro Paese forme nuove d’interazione con questi nuovi linguaggi nell’ambito della scuola ma anche della parrocchia. Il tassello che si vorrebbe aggiungere è che educare si può anche attraverso Internet e non nonostante. Giacché solo integrando questa nuova forma d’approccio alla realtà e alla conoscenza che è il mondo della rete, si potrà adeguatamente stare dentro il nostro tempo.
Quali possibilità d’incontro, testimonianza ed educazione nello spazio digitale?
Non ci sono automatismi che garantiscano risultati. Non è che siccome uno ha migliaia di amici su Facebook questo corrisponde già a una relazionalità diffusa e matura. C’è tuttavia l’esperienza di tanti che attraverso le reti sociali mostrano un bisogno forte di condivisione, di confronto e di dialogo, rispetto a una cultura molto individualista, frammentata e autoreferenziale. Qui c’è forse l’indizio di una nuova possibilità di educare se privilegiamo rapporti diretti e non mediati, se facciamo leva sull’autorevolezza di ciò che siamo e diciamo piuttosto che sulla semplice posizione di rendita che nasce dai ruoli. Se, in definitiva, sappiamo metterci in gioco nella rete come nella vita quotidiana. La Chiesa, che ha tra i suoi compiti quello di accorciare le distanze per rendersi incontrabile da tutti, può trovare nella rete un formidabile alleato, se saprà anche nel web essere se stessa.