In mostra venti dipinti dell'artista lombardo scomparso nel 1987, proprio nello stesso luogo dove si trova testimonianza della prima natura morta dell'arte italiana ad opera di Caravaggio
Giovanni CONTE
Redazione
La mostra si propone di suggerire una lettura della continuità culturale tra la natura morta caravaggesca, le numerose nature morte fiamminghe presenti alla Pinacotecae l’esperienza della pittura novecentesca italiana incarnata nelle opere, dipinte da Guido Pajetta dal 1922 al 1970. La scelta del tema non ha soltanto un valore filologico legato alla Pinacoteca Ambrosiana ma anche, e soprattutto, una valenza interna alla storia dell’arte italiana ed europea del ‘900 in cui la Natura morta, da Cubismo e Futurismo attraverso Severini, Morandi, De Chirico, fino a Birolli, Afro e molti altri, ha rappresentato, proprio perché inerte e inespressivo, il soggetto di confine tra tutte le sperimentazioni artistiche del secolo; il trampolino di lancio verso i diversi modi di scomposizione o addirittura di negazionedella forma. La mostra si propone di suggerire una lettura della continuità culturale tra la natura morta caravaggesca, le numerose nature morte fiamminghe presenti alla Pinacotecae l’esperienza della pittura novecentesca italiana incarnata nelle opere, dipinte da Guido Pajetta dal 1922 al 1970. La scelta del tema non ha soltanto un valore filologico legato alla Pinacoteca Ambrosiana ma anche, e soprattutto, una valenza interna alla storia dell’arte italiana ed europea del ‘900 in cui la Natura morta, da Cubismo e Futurismo attraverso Severini, Morandi, De Chirico, fino a Birolli, Afro e molti altri, ha rappresentato, proprio perché inerte e inespressivo, il soggetto di confine tra tutte le sperimentazioni artistiche del secolo; il trampolino di lancio verso i diversi modi di scomposizione o addirittura di negazionedella forma. Un artista singolare Pittore eclettico consapevolmente disposto ad ogni forma di contaminazione formale, collocato sempre trasversalmente rispetto ai modi ed alle mode correnti, Guido Pajetta (1898 – 1987) è un artista singolare e anomalo nel panorama dell’arte italiana del ‘900. La sua è una vita ricchissima di vicende che, dalle radici nella pittura ottocentesca del nonno Paolo e degli zii, Pietro e Mariano, attraversano il ‘900 toccandone i gangli vitali: l’iscrizione all’Accademia di Brera nel ’15 sotto la guida di Ambrogio Alciati, l’adesione a Novecento Italiano a fianco di Bucci e Sironi, l’amicizia dal ’28 con Lucio Fontana, le personali alla Galleria Milano (storico spazio espositivo di Novecento Italiano) e al Milione (la galleria milanese che svela le avanguardie europee), la partecipazione alle Biennali veneziane del ‘28, ‘30, ‘32, le esperienze parigine dal ‘34 al ‘39 (tra pittura fauve e Surrealismo ultima avanguardia attiva in Francia), i secondi itinerarifrancesi (primo pittore a esporre a Parigi dopo il conflitto), le mostre a Londra degli anni ’50 e ’60, ed infinegli ultimi venti anni vissuti nel totale isolamento alla ricerca di una nuova figurazione assolutamente privata degli strumenti retorici della rappresentazione, in un viaggio impossibile alla fonte dell’apparizione dell’arte. Venti opere in mostra Le venti opere in mostra sono una sintesi di tutta la lunga vicenda artistica di Guido Pajetta: dalle operedei primi anni venti dal colorismo tardo ottocentesco alciatiano si passa al salto nella modernità con figurazione legata al surrealismoesperito in Francia nei primi anni ’30 e da qui a una figurazione chiarista e “neo-fauve” legata alla frequentazione dei compagni d’Accademia Lilloni e Del Bon e all’amicizia, inFrancia, conDufy e Friesz; da una pittura edenica degli anniquaranta al ritorno a canoni neo-novecenteschi dopo la tragedia esistenziale del secondo dopoguerra; dalla contaminazione con le esperienze degli artistiinglesi negli anni ’50 – ’60 in occasione dellemostre londinesi (Bacon , Sutherlande in particolare Henry Moore) alla gestione graffitista dell’immagine esperita alla fine degli anni ’60, con l’uso dei colori acrilici; infine l’approdo alla maturità artistica degli anni ’70 connotata da un uso del colore più estremo e radicale. La mostra riveste una grande importanza per il futuro dell’Ambrosiana; da qui inizia un nuovo percorso all’interno della pittura del ‘900 – secolo escluso dalla Pinacoteca, fino ad oggi rigorosamente ancorata alla classicità – con l’organizzazione di mostre antologiche, monografiche, tematiche e con l’apertura di sale dedicate alle esperienze figurative della Modernità, con particolare attenzione agli artisti che hanno operato in ambito milanese. Fino al 1° marzo Pinacoteca Ambrosiana sale 12 e 13 Piazza Pio XI, 2 – Milano Catalogo Gabriele Mazzotta Orari: da Martedì a Domenica 10.00 – 17.30 – Lunedì chiuso Biglietto intero € 8, Ridotto € 5, Scolaresche con prenotazione € 4 – – –