Una vita vissuta serenamente malgrado una grave disabilità. La racconta in un libro la madre di un giovane morto a 27 anni, che grazie all’impegno della famiglia non ha dovuto rinunciare alla dimensione della socialità, trovando feconda accoglienza anche nella comunità cristiana
«Caro Davide, scrivere la tua storia è stata una necessità. Avevo bisogno di ricordare, di mettere insieme i pezzettini della tua vita dall’inizio alla fine. Volevo ricordare tutto il tuo percorso, che è stato anche il mio. Ne avevo bisogno».
Inizia così il diario di Sabrina Bergamini Vitali, mamma di Davide, un ragazzo tetraplegico morto a 27 anni nell’aprile 2019, che oggi è diventato un libro, Tutte le cose belle (Ipl, 184 pagine, 16 euro). È una storia struggente, di grande bellezza, in cui la nota dominante è la passione per la vita che tutta la famiglia, coralmente sostenuta dall’intera comunità di Melzo, ha sempre condiviso con il ragazzo.
«Ho pensato di raccontare in un diario gli ultimi mesi trascorsi insieme», dice l’autrice, che prende in mano la penna il 30 gennaio 2018 e conduce il lettore fino al mattino di Pasqua in cui Davide incontra il papà Fabrizio, morto per un incidente quattro anni prima. «Sono stati mesi faticosi, più difficili del solito. Tuttavia, mentre scrivevo, mi tornavano alla mente tanti particolari, dettagli e sensazioni. Ho avuto bisogno di interrompere la scrittura per un po’ di tempo e andare alla ricerca di vecchie fotografie. Ho sentito il desiderio di ricontattare alcune persone che avevano avuto un ruolo importante nella nostra vita. Così le ho cercate e tutte ricordavano Davide con affetto. Ha lasciato un segno in ognuno di loro».
Il diario di Sabrina parla di una quotidianità improvvisamente stravolta dall’arrivo del primo figlio che, colpito da un arresto cardiaco a pochi giorni dalla nascita, subisce una lesione al cervello che compromette le funzioni motorie e il linguaggio. Mamma e papà, con Angelica, la sorella nata quattro anni dopo, non si arrendono alla disabilità del figlio e cercano costantemente il meglio per lui: così inventano di tutto affinché non gli sia impedito di vivere le dimensioni della socialità, possa comunicare con gli altri e possa intraprendere il cammino della vita cristiana. «Davide cresceva con tanta difficoltà, ma dimostrando un carattere forte. Un bambino che, nella sofferenza, non perdeva la voglia di ridere. Se Davide era felice, io lo ero più di lui. Era un tipo tosto e coraggioso, proprio come suo padre».
Davide va al mare, con il papà che lo porta in braccio sulla sabbia bollente, ama nuotare, adora la musica, fa ippoterapia. Fabrizio gli costruisce giochi adatti alla sua disabilità, che presto diventano un richiamo per tanti altri ragazzi con difficoltà. La mamma inventa una «tabella di comunicazione», con colori, segni e immagini, che serve a Davide per far sapere agli altri cosa pensa e cosa vuole. E quando è assalita dai dubbi sul futuro, Fabrizio la rassicura: «Andremo avanti così, ogni giorno inventandoci qualcosa per farlo star bene».
La “cocciutaggine” della mamma (come lei stessa ammette) la spinge a creare uno straordinario percorso di avvicinamento del figlio a Gesù. «Per me fu un grande sollievo quando don Angelo, il prete dell’oratorio, accettò che Davide partecipasse al percorso verso la prima comunione con tutti i suoi compagni. Io avrei fatto da aiuto catechista per seguire il mio bambino e dare una mano con gli altri ragazzi. Siccome il testo era un po’ troppo complicato e lungo, preparai un libro cartonato con pagine rigide, con le frasi importanti scritte in grande, colorate e con immagini. Ne uscì un libro bellissimo che Davide riusciva a girare, mentre io leggevo a voce alta».
La vita in parrocchia e l’inserimento nell’oratorio sono state tappe importanti: «La comunità cristiana si è fatta da subito vicina alla nostra famiglia e per noi è stato fondamentale sentire il calore della gente. A Messa ci riservavano i posti in prima fila, perché Davide riuscisse a seguire bene la celebrazione. Anche il cammino di catechesi, che gli ha permesso di ricevere i sacramenti insieme agli altri bambini ma con un’attenzione tutta speciale, è stato il frutto di una collaborazione bella per tutti».
La mamma ricorda con emozione il giorno della cresima. Il ragazzo non poteva parlare e non sarebbe riuscito a rispondere alla chiamata del vescovo. Così fu utilizzato un registratore vocale che Davide sapeva attivare premendo un grosso tasto colorato: un compagno registrò la parola “eccomi” e quando la catechista pronunciò il nome “Davide Vitali” «il mio ragazzo emozionatissimo allungò il braccio destro, che era molto rigido, e con il pugno attivò il registratore che lasciò risuonare un sonoro e orgoglioso “eccomi”, tra l’emozione di tutti i presenti».
Scrive nella prefazione don Mauro Santoro, referente della sezione disabilità del Servizio per la catechesi della Diocesi di Milano: «Sabrina non si accontenta di trasmettere emozioni, ma desidera comunicare un messaggio chiaro, che vuole spronare tutti a mettersi in gioco, a fare qualcosa, a non lasciare che la paura o l’indifferenza prendano il sopravvento. L’invito forte di questa madre nasce dalla bellissima esperienza vissuta all’interno della propria comunità cristiana, in cui Davide è stato accolto sin da piccolo, insieme a tutta la sua famiglia. Questa è la ragione per cui il libro è un’ottima lettura, stimolante anche per tutti gli operatori pastorali, preti compresi».