Diverse le iniziative promosse in questi giorni dalla Casa della Carità. I motivi che hanno portato al digiuno di don Colmegna e l'appello alla città, alle istituzioni e alla società civile a dare una risposta positiva, per risolvere una questione spinosa di accoglienza di famiglie rom che da tempo avevano avviato un percorso di integrazione, a partire proprio dai bambini che hanno iniziato a frequentare la scuola. Suor Ancilla: «Prepararsi ad andare avanti»
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Redazione Diocesi
Diverse le iniziative promosse in questi giorni dalla Casa della Carità. I motivi che hanno portato al digiuno di don Colmegna e l’appello alla città, alle istituzioni e alla società civile a dare una risposta positiva, per risolvere una questione spinosa di accoglienza di famiglie rom che da tempo avevano avviato un percorso di integrazione, a partire proprio dai bambini che hanno iniziato a frequentare la scuola.
di Silvio Mengotto
Stefano Femminis, direttore della rivista Popoli, nell’editoriale di agosto/settembre, dal titolo «536 anni dopo» scrive: «Ci dev’essere qualcosa di estremamente radicato nella coscienza collettiva se, dopo oltre 500 anni (che comprendono anche lo sterminio compiuto dai nazisti), le nostre società continuano a vivere come una minaccia insopportabile piccoli gruppi di nomadi, con tradizioni senz’altro diverse dalle nostre, certamente devianti in alcuni individui, ma di cui si dovrebbe ormai aver imparato a conoscere anche la ricchezza e la sostanziale inoffensività. Devono agire automatismi molto potenti se, in una città come Milano, problemi legati a 5-6 mila persone (cioè lo 0,4% della popolazione cittadina) vengono percepiti come priorità dell’agenda politica scalzando urgenze ben più pressanti (dal traffico all’inquinamento)… se la risposta che prevale è ancora quella del rifiuto (“cacciamoli”) o della segregazione (“confiniamoli nei campi”), occorre concludere che 536 anni sono passati invano».
Dopo lo sgombero del campo rom di via San Dionigi di mercoledì 5 settembre, l’amara conclusione dell’editoriale di Femminis appare drammaticamente profetica. Anche per questo motivo la Casa della carità ha voluto raccontare, lunedì 10 settembre presso il suo auditorium, la storia di tre anni di lavoro insieme ai rom di via San Dionigi.
Un cammino condiviso con l’Associazione Nocetum diretta da suor Ancilla e da molti volontari della Comunità di Sant’Egidio. In una nota la Casa della Carità sottolinea che «lo sgombero non ha distrutto solo le baracche nelle quali vivevano le famiglie rom, ma ha spezzato i fili di un percorso condiviso fatto di mediazione culturale, lavoro sociale e costruzione di progetti di inclusione. Il tutto nel pieno rispetto dei valori della solidarietà e della legalità».
Esperienze che sono state filmate e restituite in un documentario realizzato dal regista Tonino Curagi che, in tre anni, ha raccolto ore di questa esperienza: la costruzione delle baracche dopo gli incendi, la quotidianità al campo, la festa, la scuola e il dopo scuola presso Nocetum , i tornei di calcio tra squadre rom, le donne in cucina che preparano il pranzo, la Pasqua rom, l’incontro in Romania con le autorità sociali e politiche per capire la situazione e le dinamiche migratorie, una vacanza al mare con i bambini, le fasi concitate e drammatiche dello sgombero di mercoledì 5 settembre.
Documentario che, a giorni, sarà disponibile alla visione del pubblico. Una presenza del volontariato al campo che, in questi tre anni, ha tessuto legami di fiducia con le persone e che «saranno raccontante anche da una mostra fotografica inaugurata durante la serata».
Partire dai volti: questo l’appello lanciato da don Virginio Colmegna. Prima della proiezione del documentario sullo schermo sono presentati in silenzio i volti dei rom, bambini compresi, di via San Dionigi, dove si poteva leggere silenziosamente la loro storia sconosciuta.
Nell’affollato auditorium insieme ai rom c’erano anche le insegnanti. Al termine della serata viene letto, e commentato, l’appello lanciato alla città dalla Casa della carità dove si riassume il percorso condiviso «anni che ci hanno visto stare nel mezzo del loro accampamento, incendiato più volte e ricostruito sempre con maggiore impegno. Un lungo periodo che ci ha visto stare al loro fianco nell’accompagnare i bambini a scuola seguendoli quotidianamente… ma anche con tanti risultati riconosciuti dalle stesse insegnanti, che oggi li rivogliono ancora nelle loro classi».
Con le famiglie la Casa della carità ha sempre tenuto una schietta e sincera comunicazione fondata sull’impegno di far crescere la legalità insieme alle promozione di diritti e responsabilità.
Nonostante questa nuova e pesante difficoltà c’è la volontà di proseguire il lavoro comune. Nel motivare l’iniziativa del digiuno don Colmegna termina l’appello con una proposta concreta: «Stiamo accompagnando i bambini a scuola e chiediamo che, con le loro mamme, possano rimanere in Viale Ortes. Per gli uomini che non hanno altre possibilità, invece, chiediamo che possano essere accolti da chiunque si mettesse a disposizione per offrire un’ospitalità temporanea. Per questo noi per primi abbiamo deciso di accoglierli in emergenza alla Casa della carità. Chiediamo a chi vorrà stare con noi in questa scelta di rispettare il valore di una condivisione che è soprattutto umana. Venerdì sera una riflessione promossa in collaborazione con l’associazione Nocetum, per testimoniare e restituire alla città la nostra esperienza di lavoro con i rom affinché ne venga compreso il valore umano».