«Le nostre parrocchie hanno una storia gloriosa, ma questa da sola non basta», sottolinea il decano don Mauro Barlassina presentando l'incontro con l'Arcivescovo nella Basilica di San Vittore che avvia la Visita pastorale
di Cristina CONTI
Venerdì 3 marzo il cardinale Angelo Scola avvierà la Visita pastorale al Decanato di Varese. Alle 20.30 incontrerà i fedeli nella Basilica di San Vittore. «Siamo uno degli ultimi Decanati visitati dall’Arcivescovo – spiega il decano don Mauro Barlassina, responsabile della Comunità pastorale Maria Madre Immacolata di Varese -. Abbiamo avuto un incontro iniziale lo scorso anno, poi sono seguiti momenti a livello parrocchiale, decanale, incontri tra i preti e altri che hanno visto la partecipazione anche delle associazioni e dei movimenti presenti sul territorio: c’è stata dunque una preparazione capillare».
Quali caratteristiche ha il vostro territorio?
Nel Decanato ci sono 40 parrocchie in 8 comuni. Le comunità pastorali sono 6 di cui 5 in città. Abbiamo diverse scuole cattoliche, 17 associazioni e movimenti ecclesiali. C’è una presenza forte dei laici e una cura pastorale negli ambienti di vita, grazie soprattutto a un volontariato diffuso. Ciononostante c’è il rischio di frammentazione. La crisi economica poi si è fatta sentire e Varese sta ridisegnando il suo futuro. I giovani infatti spesso trovano lavoro a Milano o in Svizzera. C’è inoltre una forte incidenza di anziani nella popolazione: secondo gli ultimi dati statistici, siamo attorno al 27% di over65.
Immigrati: com’è la situazione?
Siamo nella media statistica della diocesi. Sono presenti in città e nelle parrocchie, ma non ci sono emergenze. Le cooperative si sono attivate per ospitare piccoli gruppi. C’è poi un’attenzione particolare verso le famiglie già inserite da tempo o i cui figli partecipano alle attività parrocchiali. La prima immigrazione da noi è stata quella albanese, ormai integrata nel tessuto sociale. Molto forti le comunità sudamericane e dell’Europa dell’Est. Una domenica al mese, inoltre, le diverse cappellanie per i migranti organizzano Messe festive dedicate per favorire la partecipazione.
Quali sono le sfide che vi proponete per i prossimi anni?
Innanzitutto a livello giovanile dobbiamo recepire la nuova proposta di iniziazione cristiana e ripensare la pastorale giovanile in una logica di valorizzazione di tutte le presenze parrocchiali, oratoriane, associative, e così via. Dobbiamo rilanciare anche il coordinamento del servizio caritativo decanale, l’attività dei Centri d’ascolto e quella delle mense per i poveri che svolgono un servizio prezioso di aiuto ai poveri italiani e stranieri, come “La Brunella”, sostenuta da 30 parrocchie di Varese e da quella di Casciago, e quella delle Suore della Riparazione. Deve esserci una maggiore attenzione verso la famiglia: per questo motivo vogliamo potenziare iniziative in atto come la Commissione per la pastorale familiare, ma anche il consultorio “La casa”, che si occupa dell’accompagnamento al matrimonio, e favorire la partecipazione a momenti specifici come la veglia per fidanzati e l’aiuto alle famiglie in sofferenza.
E sul fronte “frammentazione” quali sono i possibili interventi?
Stiamo lavorando per una maggiore unità. Vorremmo che ci fosse una maggiore corresponsabilità laicale. Il Consiglio pastorale decanale sta rilanciando l’opportunità di valorizzare le peculiarità di ognuno, con scelte operative condivise nel territorio in diversi ambiti pastorali. La pastorale familiare non è più solo tra i rappresentanti parrocchiali, ma coinvolge sempre più anche associazioni e movimenti, che condividono le scelte da mettere in atto. In quest’ottica vogliamo ripensare anche la pastorale giovanile sul territorio. Si tratta di interventi importanti, che danno fin da subito ricadute molto concrete. Le nostre realtà parrocchiali hanno una storia gloriosa, ma questa da sola non è sufficiente, altrimenti si cade nell’autoreferenzialità.