L'Arcivescovo richiama un'espressione cara a papa Francesco, nel commentare il brano evangelico che presenta il personaggio della donna di Samaria. Ma Cristo rimane il protagonista nell'itinerario di Quaresima che ci guida alla scoperta della sua identità
del cardinale Angelo SCOLA
Arcivescovo di Milano
La Quaresima è l’avvincente itinerario che la Chiesa propone a ogni uomo alla scoperta dell’identità di Gesù. Anche se in ognuna delle domeniche di questo periodo liturgico il Vangelo ci presenta un personaggio che dà il titolo alla domenica stessa (della samaritana, di Abramo, di Lazzaro…), il protagonista è sempre Cristo stesso.
Oggi fissiamo brevemente lo sguardo sull’incontro di Gesù con la samaritana – uno dei più belli, ricchi e conosciuti del Vangelo di Giovanni – per coglierne qualche spunto.
Da subito l’iniziativa la prende il Signore: «Le dice Gesù: “Dammi da bere”» (Gv 4,7). E Agostino commenta: «Colui che domandava da bere, aveva sete della fede di questa donna» (Agostino, In Jo.). Nella samaritana è prefigurata la Chiesa, cioè noi, la Sposa adultera che lo Sposo, come aveva profetato nella sua stessa vicenda umana il profeta Osea, ostinatamente continua a cercare e a perdonare.
Con un’espressione presa dai nostri giorni si può dire che la Samaria, ai tempi di Gesù, era una regione di grande meticciato: durante una delle tante invasioni gli Assiri ne avevano deportato gran parte degli abitanti, ripopolando poi quelle terre con loro coloni. Culti pagani si erano così mescolati con il culto del Dio di Israele. Dagli Ebrei perciò i Samaritani erano considerati impuri; per di più quella a cui Gesù chiede da bere è una donna e dalla condotta non proprio irreprensibile. Ma Gesù la incontra e “ha bisogno” di lei. Papa Francesco direbbe che sceglie una «periferia esistenziale».
Alla sorpresa e alla provocazione della donna – «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Gv 4,9) – Gesù risponde proponendole un dono: «Se tu conoscessi il dono di Dio» (Gv 4,10).
Alla donna che voleva sapere dove recarsi per offrire il culto a Dio, Gesù risponde: non sei tanto tu che devi offrire a Dio, ma è Dio che si offre a te; e le si rivela (unico esempio di rivelazione diretta di Gesù a una singola persona) come Messia. «La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere [è la formula, tanto semplice quanto imponente, della missione] un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. Uscirono dalla città e andavano da lui» (Gv 4, 28-30). Se riconosciuto e accolto, il dono della fede diventa sorgente di vita, capace di soddisfare la sete di senso di ogni uomo.
«Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo – dicono i samaritani alla donna che aveva portato loro il primo annuncio –, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42). È il primato, nella verifica della nostra fede, dell’esperienza sui “discorsi”. Perciò la missione richiede il primato della testimonianza e del racconto di vita sulla pura ripetizione dei valori.