Ecco la “lista nera” dopo l'ultimo G20
di Alessandra VISCOVI
Direttore generale Etica Sgr
Sul tema della trasparenza bancaria, uno dei cavalli di battaglia per chi sceglie il risparmio etico, ci siamo già soffermati. Qualche giorno fa, in seguito alla riunione del G20 a Londra, si è parlato di «paradisi fiscali». La notizia dalla quale partire, che ha una rilevanza modesta per quel che comporta nel concreto, è questa: il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, ha annunciato che i quattro Paesi che figuravano sulla “lista nera” dei paradisi fiscali (Uruguay, Costa Rica, Filippine e Malaysia) hanno preso l’impegno di rispettare le norme fiscali internazionali. Quali Paesi allora rimangono sulla lista nera dell’Ocse? Semplice, nessuno. Esiste però una lista “grigia”, che comprende 38 Paesi fra i quali Monaco, Liechtenstein, Antille olandesi, Belgio, Svizzera, Lussemburgo e riguarda Stati che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell’Ocse, non le hanno “in sostanza” applicate.
Capite bene, allora quanto sia necessario approfondire il tema in questione. E vorrei allora riprendere qui, qualche dato, emerso nel recente incontro promosso da Banca Etica con il Procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, esperto di frodi finanziarie. Si è parlato ovviamente di crisi e di come superarla. Si è parlato di trasparenza e di profitti drogati. Si è fornita anche qualche cifra. E tra le misure di contrasto alla crisi indicate nel corso dell’incontro forte c’è stato proprio il richiamo alla lotta ai paradisi fiscali che – secondo stime recenti – occultano nel loro insieme una ricchezza pari a 11.500 miliardi di dollari. Per la sola Italia si stima in oltre 300 miliardi di dollari il valore dei patrimoni nascosti all’estero.
Una nuova “governance”
Il ministero del Tesoro Usa ha valutato in 100 miliardi annui le mancate entrate: una cifra da sola sufficiente a introdurre l’accesso alla sanità pubblica per tutti negli Stati Uniti, oppure a centrare in un solo anno i principali Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite, quali l’accesso all’istruzione o la drastica riduzione della mortalità infantile nel mondo. Secondo dati della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, per ogni dollaro che va da Nord verso Sud in cooperazione allo sviluppo, 10 dollari vanno nella direzione opposta a causa dei flussi illeciti che sfruttano i paradisi fiscali.
Ecco perché abbiamo più volte invocato un nuovo sistema di governance, un nuovo impianto di regole che sia fondato sulla trasparenza. Certo, occorrono scelte coraggiose. Come l’abolizione del segreto bancario o come l’eliminazione, reale, dei paradisi fiscali. Ma sarà poi così complicato immaginare uno scenario in cui impedire la ricerca sistematica del paradiso fiscale con lo scopo di evadere o eludere tasse, entrate, che potrebbero essere reimmesse con scopi “sociali”?
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