di Filippo MAGNI
Catia e Andrea. Classe ’75 lei, ’65 lui. Sposati da 12 anni, un figlio nato nel 2002, vivono a Busto Arsizio. Lo scorso anno scelgono di acquistare un appartamento più spazioso. «Avevamo tutti e due un buon stipendio e un posto con contratto a tempo indeterminato – spiega Katia -, così abbiamo acceso un mutuo e ci siamo trasferiti nella nuova abitazione». Appena dopo l’estate, aggiunge «sono stata licenziata. È stato un fulmine a ciel sereno, non me lo sarei mai aspettato. Nessun motivo legato alla mia condotta: semplicemente la ditta in cui ero impiegata non aveva più commissioni. Contemporaneamente mio marito, operaio, è entrato in cassa integrazione». Katia si è recata in Comune per chiedere un aiuto: lì l’hanno indirizzata alla Caritas. «Ho trovato molta disponibilità e ho fatto richiesta per un contributo dal Fondo famiglia-lavoro, che mi è stato concesso. La cifra non è alta, ma ci dà un po’ di respiro con le rate del mutuo. Per il resto ci aiutano un po’ i miei genitori». Alle vacanze estive, aggiunge, «non ci pensiamo neppure. Anzi, sappiamo che a fine anno la ditta di mio marito chiuderà i battenti. Comprimiamo al massimo le spese, ma il mutuo rimane sempre». L’unica nota positiva, conclude, «è che nostro figlio non sta risentendo della situazione. Fortunatamente per ora riusciamo a tenerlo fuori dalle tensioni».