I passi compiuti in questo periodo dal decanato di Monza in collaborazione con Caritas e Acli: «Non è solamente un’operazione economica, ma anche educazione alla sobrietà»

di Filippo MAGNI

famiglia-lavoro

«Stiamo iniziando a bussare alla porta di chi può contribuire al Fondo famiglia-lavoro», spiega il decano di Monza, monsignor Silvano Provasi, illustrando i passi compiuti per rendere operativo sul suo territorio il progetto indetto dal cardinale Tettamanzi. Nel decanato monzese (che comprende anche Brugherio e Villasanta) la prima iniziativa è stata a livello informativo: durante una delle periodiche riunioni, il decanato ha comunicato ai parroci tutte le indicazioni fornite dal cardinale per il corretto funzionamento del Fondo. «Abbiamo illustrato come contribuire al progetto – dice monsignor Provasi -, puntando l’attenzione sulla sua dimensione educativa nel segno della sobrietà, istanza che interroga il modo di vivere di ciascuno».
A Monza il decanato lavora fianco a fianco con la Caritas, in questa come in diverse altre iniziative. È stato dunque affidato a don Augusto Panzeri (responsabile Caritas per la Zona V) il compito di individuare i membri per un gruppo di studio che analizzi la situazione in questa fase organizzativa e da cui poi nascerà il direttivo, l’organo di riferimento del Fondo a livello decanale. «I responsabili saranno legati alle Acli – spiega don Panzeri – con la prerogativa che abbiano una buona competenza sociale e siano in grado di leggere la situazione presente. Membri del direttivo saranno anche i diaconi: puntiamo a valorizzare il loro ruolo, dato che conoscono bene il mondo del lavoro e dunque possono dare un importante contributo alla causa».

Nessuna sovrapposizione

Già da ora il decanato si è attivato con una raccolta di denaro che possa contribuire al Fondo, ma con una forma alternativa alle solite raccolte di offerte. «In Quaresima busseremo alla porta degli industriali e delle associazioni – spiega monsignor Provasi -, chiamando a collaborare in modo mirato chi sappiamo essere in grado di farlo. Non utilizzeremo le offerte ordinarie per alimentare il Fondo: l’urgenza della crisi non deve far dimenticare gli altri bisogni e dunque avrà una specificità propria. Come ha spiegato il cardinale Tettamanzi, il Fondo non deve sostituirsi alle altre iniziative». È questo un punto su cui anche don Panzeri ha le idee chiare: «I centri di ascolto chiamati ad accogliere le richieste dei bisognosi non devono attingere subito al Fondo famiglia-lavoro, ma prima conoscere tutte le altre risorse già attive sul territorio e verificare se possono essere d’aiuto a sostenere le necessità di chi si rivolge loro. Il Fondo indetto dall’Arcivescovo non sostituisce nessuno degli interventi operanti sul territorio, ma semmai li potenzia». Anche per questo, cioè coordinare le forze locali, la Caritas ha scelto di mettere un assistente sociale a disposizione del direttivo e dei Centri d’ascolto, in modo da avere un supporto tecnico disponibile in caso di necessità.
La Quaresima, spiega monsignor Provasi, «sarà dedicata a informare i fedeli e ad alimentare il Fondo con richieste mirate; dopo Pasqua saremo chiamati ad aprire gli occhi, il cuore e il borsellino». In questa fase è invitata a un ruolo di primo piano la San Vincenzo, prosegue il decano: «Abbiamo coinvolto la sezione locale per aiutarci in una lettura precisa del territorio, in modo da vedere le ditte in difficoltà ancor prima che entrino in crisi. L’obiettivo è, per quanto possibile, di anticipare i tempi e non subirne il corso». A prima vista la situazione monzese non presenta urgenze, a detta del sacerdote: «Non si notano fenomeni vistosi di bisogno, ma prevediamo che nei prossimi mesi la crisi mostrerà tutti i suoi drammi». Gli fa eco don Panzeri: «Ora rileviamo pochi casi di bisogno legati alla perdita dell’occupazione, non fenomeni di massa. Ma arrivano segnali dai luoghi dove le persone non stanno lavorando: non sono ancora arrivati a chiedere, magari le famiglie danno fondo ai loro risparmi, ma manca poco».
Il Fondo famiglia lavoro, conclude monsignor Provasi, «non deve essere solo un’operazione economica, altrimenti sappiamo già che sarebbe insufficiente per una crisi così grossa. Nel decanato di Monza ci impegniamo perché questa iniziativa renda capaci i fedeli di camminare sul percorso importante della sobrietà».

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