At 28,17-31; Sal 67; Gv 14,7-14 «Chi crede in me anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome la farò». (Gv 14, 12-13a) Anche Filippo prende la parola, come già Pietro e Tom maso, in questo dialogo ultimo, prima che tutto sia compiuto, e si disegnino i destini di ciascuno degli uomini semplici, chiamati per grazia a divenire testimoni di un evento irripetibile. E la domanda di Filippo prova, se ancora ce ne fosse bisogno, che dell’evento irripetibile nemmeno i Dodici hanno compreso l’essenza: Filippo chiede la prova definitiva «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Vero, Filippo. È solo il vedere il Padre, il lasciarci andare al suo abbraccio totale che può bastarci. Gesù forse scuote il capo, forse sorride, mentre prende atto che i suoi non riescono ancora a comprendere che l’evento si è già realizzato: «Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre», «Io sono nel Padre e il Padre è in me», chi vede il tralcio, chi gusta il grappolo, chi beve quel vino, sa cos’è la vite, sa com’è la vite. Non si adira Gesù, non si scoraggia e non scoraggia i suoi, duri a capire: anzi, come gli educatori veri, li rinforza e promette loro che – rimanendo saldi in Lui – anche loro diranno e faranno le opere del Padre. Opere meravigliose, piene della vita e della potenza di Dio. Avranno la forza di figli, la Sua stessa forza. Possiamo credere in noi stessi, se crediamo in Lui. Solo se, da figli, crediamo nel Suo nome di Figlio. Preghiamo Di giorno in giorno benedetto il Signore. Il nostro Dio è un Dio che salva. Mostra o Dio la tua forza, conferma o Dio quanto hai fatto per noi. (dal salmo 67) [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]

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