DOMENICA IN ALBIS DEPOSITIS At 4,32-35; Sal 117; Col 2,8-15; Gv 20,19-31 «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». (At 4,19-20) Le pagine che la liturgia propone dagli Atti degli Apostoli sono di una chiarezza e di una linearità sorpren – denti. I modesti pescatori, le donne, le persone del popolo che non hanno rinnegato la chiamata di Gesù stanno imparando a camminare sulle strade che Lui ha tracciato: sanno di avere Lui accanto, vivo oltre la morte. È per tutti loro un esercizio di fede e di coraggio analogo a quello di Pietro, che aveva provato la vertigine di camminare sulle acque, fidandosi del suo Signore, in mezzo al lago (Mt 14, 24-33). Allo stesso modo, i discepoli fissano il loro sguar do sull’unica certezza che possiedono. Hanno visto: Gesù è risorto. Hanno ascoltato: le Sue parole ripetute in tre anni di vita comune, si sono rivelate vere, tutte, una ad una. Per i discepoli, i primi tempi dopo la Resurrezione mantengono tutta la luce e la tensione di quegli eventi straordinari. Come il loro Maestro, anche gli Apostoli compiono prodigi in nome di Dio. Come Lui, la folla li osanna. Come su Gesù, anche su di loro si concentra l’ostilità dei capi di Israele, che sentono minacciato il proprio potere, ma non possono farli tacere senza incorrere in una impopolarità che per il momento non possono permettersi. Chi segue Gesù, sa bene che per seguirlo dovrà prendere la croce. Ma sa che solo oltre la croce c’è la luce. Preghiamo Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. (dal salmo 117) [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]