III giorno dell’ottava di Pasqua At 3,25-4,10; Sal 117; 1Cor 1, 4-9; Mt 28,8-15 «I capi dei sacerdoti si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: “Dite così: I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”». (Mt 28, 9-10) La narrazione dei medesimi eventi del mattino di Pasqua da parte di un terzo evangelista, Matteo – il più legato al mondo e alla tradizione ebraica – aggiunge un particolare concreto molto interessante. I potenti di Israele avevano ben misurato il pericolo per il loro potere rappresentato dall’inquietante presenza di un uomo che dice di conoscere Dio come Figlio, che pronuncia con la sua stessa vita le parole di Dio Padre. Sul palo della tortura avevano inchiodato la scritta, perché tutti vedessero la fine umiliante di quel “Gesù nazareno re dei Giudei”: sicuri di averlo cancellato per sempre. Ma il mistero del mattino di Pasqua li terrorizza ancora di più: non solo quell’uomo non teme di sfidare le leggi dei potenti; quell’uomo sfida le leggi della natura, della vita e della morte. Bisogna fare in fretta a mettere in giro voci depistanti e insieme rassicuranti. Quello che non è spiegabile con schemi logici, che rompe le consuetudini e mette in discussione l’ordine costituito va dimenticato: è urgente mascherarlo, mimetizzarlo, normalizzarlo. Normale la morte, non la vita oltre la morte. E per chi è chiamato ad esser testimone della risurrezione, un’altra cortina di diffidenza si aggiunge, così difficile da bucare con le proprie parole umane: credere che la Vita non muoia, scalza ogni normalità e ogni norma, e chiede fiducia incondizionata nella potenza liberatrice dell’Amore. Preghiamo Il Signore è per me, è il mio aiuto. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti. (dal salmo 117) [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]

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