At 27,1-11.14-15.21-26.35-39.41-44; Sal 46 (47); 1Cor 13,1-3; Gv 3,12a.16-20 «Un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica». (Gv 13,16-17) Gesù ha consegnato ai suoi amici il testamento ultimo. Sappiano lavarsi i piedi a vicenda, come il Maestro si è chinato per lavarli a loro: il gesto più umile del servizio, compiuto da chi è più grande verso chi da lui dipende; il rovesciamento delle gerarchie e delle dinamiche del potere. Questo è l’impensabile modo che Dio ha di regnare. Chi fa questo, è nel regno di Dio. La catena dei testimoni adesso chiama in causa ciascuno dei Dodici: l’assimilazione del discepolo al Maestro avviene non semplicemente con l’adesione della mente a una dottrina, ma uniformando in concreto la propria vita alla sua. Siete beati se mettete in pratica queste cose. Tra i Dodici, uno non lo farà: Gesù lo sa, e ancora una volta lo legge ai Suoi, attraverso le Scritture: se ne ricorderanno, quando ciò avverrà, e sapranno che anche quel tradimento assurdo, lacerante, faceva parte del disegno di salvezza: perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono (Gv 13,19). Il disegno di Dio si compie, pur attraverso i rifiuti e i tradimenti degli uomini. Mettere in pratica i gesti dell’amore, è ciò che permette alla salvezza di Dio di raggiungerci, pur attraverso il dolore. Preghiamo Signore Gesù, testimone fedele primogenito dei morti, tu ci hai amati e ci hai liberati dai nostri peccati con il tuo sangue. (Canto al Vangelo) [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]

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