At 11, 1-18; Sal 66; Gv 7,25-31 «Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: “Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è, il Cristo, invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”». (Gv 7,25-27) Gesù è per la terza volta a Gerusalemme. La folla è disorientata: alcuni sostengono che i capi dei Giudei intendono ucciderlo, ma nessuno gli impedisce di parlare. Che sia allora davvero il Messia? Ma a quel tempo si riteneva che il Messia sarebbe stato sconosciuto fino al ritorno di Elia, il primo profeta, che lo avrebbe manifestato. Allora Gesù, non può essere il Messia: di lui si conosce l’origine, la casa dove abita. Di fronte a Gesù ci si interroga, si vuole sapere. Si prende posizione. Non si può rimanere indifferenti alla sua parola ed ai “segni” che opera. Come può un uomo sostenere di venire da Dio? E perché, se è veramente da Dio, cercano di ucciderlo? Ed egli non fa nulla per impedirlo? Le domande e i dubbi che Giovanni fa emergere di fronte a Gesù, sono le domande e i dubbi della prima comunità cristiana ed anche le domande e i nostri dubbi. Sarà proprio la Croce a confermare definitivamente che Gesù è veramente il Figlio di Dio. Sarà la Croce a confermare definitivamente le sue parole e la sua opera e a mostrarlo come Signore della vita, mentre consegna la vita per i fratelli. Il momento della sconfitta definitiva – la morte del Figlio – rivelerà il vero volto di Dio, come quello di un Padre che non lascia il giusto nelle tenebre della tomba, ma lo fa risorgere il terzo giorno. La verità non può essere uccisa, né sepolta. Preghiamo Benedetto sempre il Signore, ha cura di noi il Dio della salvezza. Il nostro Dio è un Dio che salva, alleluia. (dal salmo 67) [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]