Ez 35, 1; 36, 1-7; Sal 30 (31); Os 3, 4-5; Mt 21, 23-27 «Rispondendo a Gesù, dissero. “Non lo sappiamo”. Allora anch’egli disse loro: “Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose”». (Mt 21, 27) Spesso siamo portati a domandarci, esplicitamente o dentro di noi, chi sia l’autorità massima in molte situazioni, con quale diritto alcuni possano fare ciò che fanno. Ci interessano molto poteri e ruoli fino a desiderare che qualcuno possa mettere l’ultima parola umana sulle questioni forti dell’esistenza: il nascere, il morire, la sofferenza, il futuro. Su Dio e sui misteri di questa vita rischiamo di confondere la profondità dei valori in gioco con la rigidità di posizioni che non ammettono il dubbio e che non si aprono al dialogo. Ma nessuno può vantare il copyright sulle cose di Dio. É piuttosto il coraggio di non dare subito risposte ma di rimanere aperti alle domande che emergono dalla storia a fare di noi degli autentici cercatori della verità, fedeli al Signore, uomini di speranza. Preghiera Liberami, o mio Dio, dall’abbondanza di parole di cui soffro all’interno della mia anima, misera al tuo sguardo e che si rifugia nella tua misericordia. Infatti, anche quando tace la bocca, non tace il pensiero. (S. Agostino)

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