Redazione

A questa molteplice ricerca dell’uomo – quasi “a tentoni” (At 17,27), Dio viene incontro con un itinerario che lo espone sempre più gradualmente in un modo personale nella storia, fino a rendersi fisicamente visibile e accessibile in quell’uomo Gesù di Nazaret, nel quale “abita la pienezza della divinità in un modo fisico ” (Col 2,9). E’ la lunga marcia della Rivelazione biblica, in Israele prima, che sfocia poi nel mistero dell’Incarnazione. Qui è il vertice della storia, il culmine del tempo, là dove l’umanità “compie” il suo pellegrinaggio, realizza il suo sogno: in un uomo l’umanità si incontra con la divinità, il tempo si sposa con l’eterno, la carne si unisce al Verbo, al Figlio di Dio e ne fa una unità sostanziale. Caso non unico, ma inizio di un destino per tutti.

Per tutti perché a tutti e ad ognuno è portato a destinazione questo incontro, questo mistero di divinizzazione offerto da Dio all’uomo; “postino” di questa proposta e di questa azione trasfigurante è lo Spirito che Cristo risorto ha effuso sull’umanità perché applichi ad ognuno il frutto di redenzione e divinizzazione. Il pellegrinaggio di Dio s’incrocia col pellegrinaggio dell’uomo proprio là dove lo Spirito Santo incontra una libertà che gli si apre con fede. Il punto d’incrocio e d’incontro è appunto il “sacramento”, il “mistero cristiano”, veicolo privilegiato dell’agire efficace di Dio sull’uomo.

In sostanza allora il pellegrinaggio trova il suo inveramento proprio solo quando attua questo incontro sacramentale, nelle sue varie forme, e, al vertice, nella celebrazione eucaristica. Tutto il resto è preparazione, segnalazione, avvio, anticipo…., ma in sostanza solo pallido e parziale incontro che al di là dell’emotività non lascia vera traccia! Il pellegrinaggio a un santuario che non arriva fin qui manca alla fine del suo più autentico e decisivo scopo; è un cammino che sbaglia incrocio e perde appuntamento.

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