Prendendo spunto dalla parabola del seminatore il cardinal Tettamanzi accenna ai gravi problemi delle famiglie oggi. Realtà che ha conosciuto in prima persona visitando i vari Decanati della Diocesi, dove ha intercettato una serie di «terreni pietrosi». La prevenzione però è ancora possibile, ci dice. Gli oratori, in questo senso, rappresentano un ottimo antidoto contro l'accumularsi di pietre, che sotterrano i sogni giovanili
di Vittorio CHIARI
Parlando alla città, nella solennità di Sant’Ambrogio, il cardinale Dionigi non aveva davanti agli occhi i seminatori della Brianza, dove era nato. Gente "risparmiosa" quella cresciuta in campagna tra Renate e Veduggio: non avrebbe buttato via tutta quella semente che il seminatore del Vangelo ha seminato a larghe mani in terra buona, ma anche tra i rovi e sassi, su terra battuta. Ma il Cardinale, nei suoi interventi di questi anni, non ha attinto solo alla saggezza contadina brianzola, ha parlato di Vangelo, scomodando le coscienze, mettendo in crisi, indicando scelte alternative, non sempre in linea con chi il Vangelo lo mastica poco o non lo mastica affatto.
Quest’anno ha ripreso appunto la parabola del Seminatore, ha parlato della città di Milano dal terreno buono, città che "deve molto ai suoi santi e alla sua quasi bimillenaria tradizione cristiana". Penso ai santi Ambrogio e Carlo e – per arrivare ai nostri giorni – a Giovanni Battista Montini (poi papa Paolo VI), a Giovanni Colombo, a Carlo Maria Martini che confessava di "non avere altro che la parola di Dio"». E con sano orgoglio, l’Arcivescovo, milanese purosangue, ricorda il papà dei mutilatini don Carlo Gnocchi, Serafino Morazzone, padre Clemente Vismara, suor Enrichetta Alfieri. Poi si interrompe, perché l’elenco sarebbe troppo lungo.
Si interrompe per parlare del seminatore del Vangelo che non è uno sprovveduto, un contadino alle prime armi: «bensì (è l’immagine) di un uomo saggio, lungimirante, misericordioso, aperto al futuro e carico di speranza. E’ un seminatore al cui giudizio nessun terreno è escluso dalla possibilità di dare frutti». Grande il Cardinale! Non vuol escludere nessuno e vede nel seminatore la sovrabbondanza dell’amore di Dio. Qui mi è facile riandare a una sua riflessione, pubblicata in un libro che ho trovato su una bancarella, dove parla del ladrone in croce, pagine ricche della misericordia di Dio che salva il peccatore anche in "zona Cesarini"!
La parabola parla di rovi che soffocano la parola di Dio e il Cardinale accenna ai gravi problemi delle famiglie oggi, «terreno reso improduttivo dalle pietre» dove si vive senza che ci sia un senso preciso dell’esistenza. E’ una questione culturale. Getta lo sguardo sofferto sul mondo dei giovani, ai quali spesso si rivolge: «E’ difficile per un giovane crescere, realizzarsi, sviluppare relazioni buone che arricchiscano sé e la società là dove scarseggiano l’educazione e la cultura. E’ un problema grave e non raro nella sua manifestazione. Molti giovani crescono senza desiderare, ricercare costruire un serio progetto di vita, senza dare un senso all’esistenza. E’ una situazione, questa, frutto di un clima culturale complessivo che pare voler rimuovere la questione della responsabilità e del significato dell’esistenza».
Tettamanzi non parla in teoria: ha visitato numerosi Decanati, ha incontrato educatori e preti d’oratorio, ha avvertito la durezza del terreno pietroso, impermeabile alla buona semina, per carenze educative dovute a situazioni familiari complesse, a famiglie divise o allargate, a una offerta scolastica non sempre efficace, a percorsi formativi non del tutto adatti alla condizioni di vita dei giovani. Sembra riprendere il famoso discorso sulle periferie, uno di più scomodi che aveva tenuto in Sant’Ambrogio: le periferie provate dal degrado non sono luoghi facili per educare. La qualità della vita è povera, gli spazi abitativi sono insufficienti, grave la mancanza di aree per il gioco e la vita d’insieme. E’ triste una periferia dove la semente buona viene sotterrata da sassi che uccidono la speranza come la droga, la malavita organizzata, la violenza diffusa.
Il Cardinale ritiene ancora possibile un’opera di prevenzione, sostenendo le famiglie, e aprendo spazi educativi: gli oratori, in questo, sono quanto mai preziosi per contrastare il cumulo di pietre, che sotterrano i sogni giovanili. In ogni periferia della città, dovrebbe sorgere un oratorio di frontiera. Già ce ne sono! E là dove un prete giovane è messo in condizione di operare, magari "in rete" con altri preti, con laici e operatori del territorio, i risultati ci sono. Ho sempre sognato "oblati dell’oratorio", come gli oblati di Rho, al servizio degli Oratori: preti giovani che per anni danno stabilità all’azione educativa per dare un volto nuovo alle periferie!
Il mondo dei giovani è uno dei quattro cantieri aperti dal Cardinale per "educare alla vita buona del Vangelo". Documenti ecclesiali recenti sospingono in questa direzione. «Aprire questi cantieri, dice il Cardinale, concludendo, potrà far crescere quella corresponsabilità dei cittadini più volte evocata, per suscitare le loro energie positive, per stimolare quella generosità che è una delle tradizioni più nobili della nostra Città, per essere ciascuno nelle condizioni di fruttificare secondo la personale vocazione e attitudine».